Un Paese ricco per gli altri e poi l’ennesimo colpo di Stato. La Repubblica Centrafricana, inchiodata nel cuore dell’Africa sub sahariana, continua a tutt’oggi a esportare materie prime e rifugiati. Uno di questi chiamato Hassan, dopo aver perso entrambi i genitori appena quattordicenne, parte in esilio con una conoscente nel Mali. Da questo Paese, in pieno Sahel, domanda e riceve lo statuto di rifugiato in Mauritania. Fattosi sorprendere in una zona aurifera di questo Paese, Hassan, senza nessuna formalità è espulso nel vicino Senegal.

Prova, senza alcun risultato, a ottenere lo statuto di rifugiato nella capitale Dakar. La domanda è respinta adducendo il fatto che il giovane, ormai diciottenne, già godeva di protezione umanitaria in un altro Paese. Allora Hassan, senza darsi per vinto, per vie traverse raggiunge il Marocco e, a Casablanca, conosce una signora del posto che gli propone di lavorare nel suo ristorante per stranieri.

Hassan accetta di seguirla in Algeria, nella città di Oran, dove lei gestisce un altro ristorante. Tutto va per il meglio per un paio d’anni finché, per avere i propri documenti aggiornati, viaggia nella capitale Algeri. Mentre si trova in strada per raggiungere l’apposito ufficio delle Nazioni Unite, è arrestato dalla polizia perché senza documenti validi, derubato da tutto quanto portava su di lui e deportato, con altre decine di persone, sino a Tamanrasset.

Dopo qualche giorno di soggiorno nell’apposito centro di transito, Hassan è imbarcato, con altri compagni di sventura, nel camion fino alla frontiera col Niger. Migranti, rifugiati, richiedenti asilo, esuli, viaggiatori, commercianti, trafficanti, cercatori d’oro e di sabbia, tutti messi assieme a migliaia e parcheggiati nella città frontaliera di Assamaka, nel Niger. Il tempo di essere registrati dalle autorità e poi ‘consegnati’ all’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, per un rimpatrio ‘volontario’.

Hassan, nato all’alba del nuovo millennio, ne incarna le innumerevole contraddizioni. Dei suoi 23 anni di esistenza una decina sono partiti in esilio cominciando dalla sua patria, più matrigna che madre. Si trova, grazie alla complicità dell’OIM, in un luogo di transito che dovrà abbandonare perché non ha la minima intenzione di tornare al Paese d’origine nel quale nessuno più l’aspetta. Conta di chiedere il riconoscimento come rifugiato a Niamey, cosa altamente improbabile visto che lui era già stato schedato come tale in Mauritania. Non riconosciuto come migrante dall’OIM tenterà di presentare la domanda come richiedente asilo nel Niger, con esigue speranze che la sua domanda sia presa in considerazione.

Hassan porta in sé una cartina geografica dove le frontiere e i documenti di identità riconosciuta, nascosta o trasformata a seconda delle circostanze, ridisegna la sua vita. Ormai da anni l’identità di Hassan è in esilio umanitario perché la guerra prima e i documenti dopo l’hanno creata e poi tradita. Hassan afferma di non voler più tornare al suo Paese natale.

Niamey, giugno 2023

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