Il calciatore del Monza Armando Izzo è stato condannato a 5 anni di reclusione dalla sesta sezione penale del Tribunale di Napoli per concorso esterno in associazione camorristica e frode sportiva. Il coinvolgimento di Izzo nel processo nato dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia sul clan camorristico Vanella Grassi riguardava presunti casi di partite combinate, risalenti al campionato di Serie B 2013-2014 quando Izzo militava nell’Avellino. Secondo gli inquirenti avrebbe dato una mano al clan, con cui è imparentato, per combinare due match. Izzo è stato condannato per il capo d’imputazione relativo alla partita Modena-Avellino e assolto per il capo d’imputazione relativo alla partita Avellino-Reggina. Il pm della Dda partenopea Maurizio De Marco aveva chiesto per Izzo 4 anni e 10 mesi di reclusione. Gli avvocati di Izzo, Rino Nugnes e Stefano Montone, hanno annunciato l’impugnazione in appello della sentenza. Il difensore si è detto “molto deluso” dalla sentenza e in un post su Instagram ha spiegato: “Credo nella giustizia e sono sicuro che verrà dimostrata la mia assoluta estraneità all’ambiente criminale. Non smetto di combattere”.

Nato a Scampia, nipote di Salvatore ‘o Marenar Petriccione, uno dei fondatori della cosca, quella di Izzo è sempre stata raccontata come una bella storia di emancipazione da ambienti criminali. Il ragazzo della profonda periferia napoletana che arriva a giocare in Serie A e a vestire la maglia della Nazionale. Poi nel 2017 arriva il fulmine al ciel sereno dell’inchiesta: il pm De Marco sta indagando sui fratelli Umberto e Antonio Accurso, i boss della Vinella Grassi e i loro traffici nella droga e nelle estorsioni (Umberto Accurso verrà poi condannato all’ergastolo per alcuni omicidi), e si imbatte nelle manovre degli Accurso per combinare le partite Modena-Avellino e Avellino-Reggina, attraverso la mediazione – era il sospetto della procura – di un ex calciatore-gioielliere, Luca Pini, e il capitano dell’Avellino, Francesco Millesi.

Izzo avrebbe partecipato a due incontri preparatori in un ristorante con i camorristi, Pini e il compagno di squadra il 14 e il 20 maggio 2014. Al pm ne ammette solo uno, il primo, ma nega di aver discusso di vendere partite. Per De Marco, i fratelli Accurso, prima utilizzando come intermediario Salvatore Russo, e poi direttamente, avrebbero promesso e poi fatto avere un’ingente somma di denaro, 30mila euro, a Millesi, consegnata dal collega Pini, per corrompere altri calciatori. Secondo la Procura, Millesi avrebbe così esercitato la sua influenza su altri giocatori dell’Avellino per favorire la rete del Modena: questo era l’accordo.

Antonio Accurso, sempre secondo gli inquirenti, per conto del clan scommise ben 400mila euro sulla rete realizzata dalla squadra che giocava in casa (il Modena), guadagnandone 60mila. Izzo avrebbe accettato, a sua volta, la promessa di una somma di denaro, scrive il pm nei capi d’accusa “quale compenso al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione predetta”. In alcune intercettazioni con il suo agente, quest’ultimo gliene cantava di tutti i colori: “…Perciò te ne feci andare a Trieste, ti ricordi o no quando il …inc., ti ricordi quando ti dissi: “Tu a Napoli non ci devi stare” . Ti ricordi o no ?… ….. quando io ti dissi: “Tu a Napoli non ci devi stare” e ti feci giocare con la Triestina, ti ricordi? … ….e perciò, hai capito o no; perciò io non ti volevo far restare a Napoli a te, a giocare ad Avellino, hai capito o no … …hai capito, grande “latrina”!!! Sempre una “latrina” ti devo trattare…”.

Il nome di Izzo tornava spesso negli interrogatori di Antonio Accurso, divenuto collaboratore di giustizia: “È un nostro parente, essendo nipote di Salvatore Petriccione. Già quando militava nella Triestina, vi fu un abbozzo di combine in cui mio fratello Umberto accompagnato da Mario Pacciarelli andarono a Trieste sapendo che la società non pagava gli stipendi ai giocatori per vedere se si poteva far qualcosa, ma senza risultato”. Subito dopo la condanna il Monza, club di Silvio Berlusconi, ha espresso “totale vicinanza e supporto ad Armando, convinta della sua estraneità all’ambiente criminale”.

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