L’arrivo di Matteo Renzi alla guida del Riformista ha acceso l’attenzione sul quotidiano di Alfredo Romeo. L’ex premier, senatore in carica e conferenziere pagato da Bin Salman, prenderà le redini del giornale che appartiene a un imprenditore che è coimputato di suo padre Tiziano. E che fino a maggio – quando Renzi entrerà in carica – sarà diretto da Piero Sansonetti. I due si sono fatti fotografare insieme, in un ideale passaggio di consegne, con una copia del giornale in bella vista. Ed è a quel punto che l’occhio del lettore si è soffermato sulla prima pagina del Riformista. Una copertina che sembra annunciare uno scoop. Titolo, tutto maiuscolo: “Nel ’92 fu colpo di Stato“. Sottotitolo: “Le clamorose rivelazioni dell’ex pm Colombo“. Di che parla il giornale diretto da Sansonetti? Lo spiega lo stesso direttore nel suo editoriale in prima, intitolato così: “La trattativa illegale“. In pratica Colombo, uno dei pm del pool Mani pulite, è l’autore un’introduzione al libro di Enzo Carra, uno degli imputati di Tangentopoli, scomparso nel febbraio scorso. In quel testo l’ex magistrato scrive che “non una persona sarebbe andata in carcere se, come suggerito nel luglio 1992, ben prima (data la rapidità dell’evolversi di quegli eventi) della nomina di Martinazzoli, la politica avesse scelto di seguire la strada dello scambio tra ricostruzione dei fatti ed estromissione dal processo. Chi avesse raccontato, restituito e temporaneamente abdicato alla vita pubblica non avrebbe più avuto a che fare con la giustizia penale”.

Quelle quattro righe bastano a Sansonetti per parlare di “un aspetto finora sconosciuto di quella stagione. Sconosciuto e sconvolgente“. Secondo il direttore del Riformista, Colombo “ci dice che nel luglio del 1992, quando le indagini erano ancora alle prime battute, fu suggerito ai politici di confessare i propri delitti e di uscire dalla vita pubblica in cambio dell’impunità. Colombo dice esattamente che se i politici avessero accettato le condizioni dei Pm, in cambio non avrebbero avuto a che fare con la giustizia penale”. Un’ipotesi che Sansonetti sintetizza così: “In pratica fu proposta una trattativa segreta Stato-Tangentopoli . Ovviamente del tutto illegale”. Perché addirittura illegale? Per spiegarlo Sansonetti veste i panni del giurista: “Dal punto di vista del codice penale, se Colombo racconta il vero, il pool commise un reato piuttosto serio. Violò l’articolo 338 che punisce severamente la ‘minaccia a corpo politico“. A questa presunta rivelazione di Colombo, il Riformista dedica le prime due pagine. Un articolo di cronaca, se così si può definire, il cui attacco è eloquetente: “Un tentato golpe nel 1992 tentò di rovesciare la democrazia“. E poi una pagina firmata da Tiziana Maiolo, che alza ancora il tiro: “Nessuno sarebbe andato in carcere, a partire dal 1992, se il mondo della Prima Repubblica avesse accettato il ricatto degli uomini di Mani Pulite: resa incondizionata, consegna delle armi e uscita dai processi”. L’ex deputata di Forza Italia non risparmia aggettivi clamorosi nel suo lunghissimo articolo: “La rivelazione sconvolgente di Gherardo Colombo, uno degli uomini che nel luglio del 1992 avrebbero avanzato la proposta ai leader dei partiti di governo di allora, parla oggi di un progetto politico mai realizzato che avrebbe cambiato il corso della storia“.

Arrivato a questo punto il lettore si sarà già chiesto più volte: ma davvero c’era un “progetto politico” , che consisteva in una trattativa tra i pm di Mani pulite i politici della Prima repubblica? Davvero Colombo ha aspettato 30 anni per svelare questo “segreto sconvolgente“? E sul serio lo ha fatto dalle pagine del libro di Carra? La risposta, purtroppo per Sansonetti, è negativa. Intanto perché non c’è mai stato alcun “progetto politico” e neanche un “tentato golpe” che “tentò di rovesciare la democrazia“. Al massimo venne formulata una proposta di legge, da parte di alcuni magistrati del pool di Mani pulite, insieme ad avvocati e docenti universitari, per provare a individuare e punire i casi di corruzione che, già dalle prime battute di Mani pulite, apparvero subito troppo numerosi per essere perseguiti con la sola arma delle indagini. Una proposta talmente segreta che venne ipotizzata per la prima volta in un’intervista rilascita dallo stesso Colombo al settimanale L’Espresso, il 27 luglio del 1992. Titolo: “Parlate e sarà condono“. Catenaccio: “Il condono? E’ una proposta praticabile ma a precise condizioni. Potrebbe servire a dare un taglio netto al sistema che ha consentito, per tanti anni, a politici e imprenditori di vivere sulle tangenti”. Nell’intervista l’allora pm dice che “fino a quando i reati sono perseguibili noi dobbiamo procedere. Certo, si dovrà trovare una soluzione… “. Il giornalista Leo Sisti gli chiede: “Non penserà mica a un’amnistia?”. “Assolutamente no – risponde Colombo – La gente considererebbe profondamente ingiusto un simile provvedimento”. Allora, insiste il giornalista, una specie di condono? “Sì, a qualcosa del genere. Il Parlamento approva una legge che fissa un termine preciso, perentorio, diciamo di qualche mese. Entro quella data chi, politico o imprenditore, non ancora coinvolto nelle indagini, si presenta ai giudici, racconta tutto e restituisce i soldi o indica a chi li ha dati. Chi si comporta così sarà esente da pena, non andrà sotto processo, anche se comunque dovrà essere interdetto, per un periodo di tempo ragionevole, dall’esercizio delle funzioni pubbliche. Per quelli che non lo fanno, si continuerà ad applicare la legge: e per loro non sarà facile farla franca perché, dalle ammissioni di chi ha collaborato, sarà sempre possibile individuare chi sono”. Eccola qui la “trattativa illegale” scoperta dal Riformista. Eccolo qui il “tentato golpe” confessato da Colombo solo 30 anni dopo. Un segreto talmente “sconvolgente” che era stato pubblicato nel 1992, quando Tangentopoli era ancora all’inizio, su quello che all’epoca era il primo settimanale italiano.

Ma non è finita qui. Perché la proposta di Colombo diventerà argomento di dibattito pubblico negli anni successivi. Verrà rilanciata persino dal presidente della Repubblica. “I politici corrotti dicano tutto, restituiscano il maltolto e poi rinuncino all’elettorato passivo”, intimava Oscar Luigi Scalfaro, da Pavia, il 26 febbraio del 1993. L’anno dopo l’ipotesi di Colombo viene formulata in una proposta di legge composta da 18 articoli. Ci lavorano i pm del pool e alcuni noti avvocati penalisti e docenti universitari: Federico Stella, Oreste Dominioni, Domenico Pulitanò, con il supporto di un professore della Cattolica, Gabrio Forti. “La corruzione è ormai un’autentica emergenza criminale”, è il preambolo che apre la proposta di legge, anticipata dai principali quotidiani. Tre sono i punti fondamentali, come ricostruiscono Peter Gomez, Marco Travaglio e Gianni Barbacetto nel libro Mani pulite, la vera storia (Paper first). Primo: non punibilità per il corruttore o il corrotto che va spontaneamente a confessare e a denunciare i complici, prima che la notizia di reato sia stata iscritta a suo nome e comunque entro tre mesi dalla commissione del fatto. Secondo: i reati di corruzione e concussione diventano uno solo. Vietato offrire e dare soldi a un pubblico funzionario, non importa se costretti o spontaneamente, né in cambio di quale favore lecito o illecito. Terzo: linea dura con chi arriva fuori tempo massimo, o non confessa tutto, o viene colto con le mani nel sacco. Quella proposta di legge piacque tantissimo a due partiti di centrodestra come An e Lega. E dopo le anticipazioni dei giornali venne presentata pubblicamente. Il 14 settembre del 1994, nell’aula magna dell’Università statale, all’incontro presieduto dal professor Giandomenico Pisapia si accalca una folla di magistrati, penalisti, imprenditori, studenti, giornalisti e gente comune. Centinaia di persone, tra le quali, però, non dovevano esserci nè Sansonetti, che all’epoca era condirettore de L’Unità, e neanche Tiziana Maiolo, appena eletta parlamentare con Forza Italia. E chissà dov’era all’epoca Matteo Renzi. Al quale, adesso, vale la pena di inviare un consiglio: da direttore del Riformista si circondi di collaboratori un po’ più precisi di quelli del suo predecessore.

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