Cultura

Davide Livermore a FQMagazine: “Al centro dell’Orestea il tema della giustizia, i cui confini vengono messi in discussione”. Siamo andati a vedere questo ‘kolossal teatrale’: ecco com’è

di Simona Griggio

“Vieni a teatro a vedere l’Orestea di Eschilo”? “Ma sei matto? Quattro ore e mezza di tragedia greca?”. Da spettatori lo abbiamo pensato un po’ tutti. Come può venire in mente al regista Davide Livermore di mettere in scena questa trilogia tragica del teatro antico in una maratona teatrale con un solo intervallo? Per capirlo ci siamo andati. Con le nostre borracce e le barrette energetiche ci siamo seduti nella platea affollata del teatro Nazionale di Genova per vedere l’Orestea (in replica al teatro Stabile di Torino fino al 6 aprile) e abbiamo pregato gli dei dell’Olimpo di non farci annoiare. Pochi minuti dopo l’inizio di “Agamennone”, che precede “Coefore-Eumenidi”, i nostri pregiudizi sono svaniti.

Catapultati dentro lo spettacolo abbiamo pianto con Cassandra, profetessa a cui nessuno crede: le sue visioni sono talmente devastanti che superano l’immaginario e la sua voce è inascoltata come la memoria della storia che si ripete. Siamo stati complici di Clitennestra, madre rabbiosa e lucida, mostruosa e disperata nel desiderio di vendicarsi di Agamennone per il sacrificio della primogenita Ifigenia. Così si era propiziato il favore dei venti nel viaggio di guerra verso Troia. Poi abbiamo seguito Oreste, matricida per vendicare il padre, Agamennone. Ci siamo uniti alla voce del coro compatto che si muove, canta, interagisce con l’azione, recita parole che rimbalzano dai personaggi al pubblico e ritornano sul palcoscenico più gravi: giustizia, colpa, punizione, perdono, responsabilità. Qual è la formula esatta applicabile a concetti così complessi? Sono passati secoli ma gli interrogativi posti da Eschilo rimbombano nella sala oggi come ieri. E’ il cuore della tragedia a pulsare. E ci tocca tutti come in un rito collettivo. Come quando si va a un grande concerto rock o si vede un kolossal al cinema con i super eroi. Ma questa volta non vince nessuno. Né gli dei né gli uomini. “Orestea” di Livermore è questo: un kolossal teatrale che restituisce vitalità all’opera. Con un cast di quasi 40 artisti, un impianto scenico supertecnologico dotato di ledwall su cui scorrono i video di D-Wok, i costumi anni Trenta-Quaranta di Gianluca Falaschi, le musiche di Mario Conte e Andrea Chenna, le scene che ricordano il cinema distopico, a cura dello stesso Livermore e di Lorenzo Russo Rainaldi, le luci potenti di Marco De Nardi. Il teatro totale di Eschilo è trasposto nella contemporaneità.

Prodotta dal teatro Nazionale di Genova in collaborazione con Inda – Istituto nazionale del dramma antico nella nuova traduzione di Walter Lapini, che cosa racconta di così attuale l’Orestea? Al centro della narrazione c’è il tema della giustizia. “E’ l’idea fondamentale della trilogia attorno alla quale gira tutta la storia dell’uomo – spiega il regista – i cui confini vengono costantemente messi in discussione”. Per restituire al pubblico di oggi la forza di quel teatro del V secolo a.C., fusione di parola, canto, danza ed effetti scenografici (Eschilo attinse all’ingegneria navale per realizzare la piattaforma girevole su cui far agire Clitennestra), Livermore si affida ai mezzi che oggi la tecnologia mette a disposizione. Estetica contemporanea per parole scritte oltre due millenni fa, in una traduzione però più vicina a noi: parlano di guerra, massacri, vendetta, destino, giustizia, colpa, perdono.

Livermore, perché allestire l’Orestea oggi?
Ogni volta che realizziamo l’atto umano di ritrovarci a teatro ci troviamo a formulare una riflessione profonda nei confronti della società. Il teatro è fatto dai vivi. Eschilo, Shakespeare o Verdi parlano al pubblico teatrale di oggi. In questo momento storico ritengo importante realizzare qualcosa che lanci in maniera potente allo spettatore la riflessione sul tema della giustizia, alla base dell’Orestea. Nell’opera non si rappresenta solo il passaggio dalla giustizia sommaria all’instaurazione di un istituto apposito, il tribunale, ma c’è anche un aspetto forte legato alla responsabilità individuale e collettiva. La dea Atena assolve Oreste pur sapendolo colpevole nell’aver portato avanti quella catena di sangue che non può che richiamare altro sangue. E’ ingiusto? Questa trilogia è estremamente attuale e va restituita nella sua potenza attraverso un lavoro di altissima filologia.

E’ d’accordo con la definizione di ‘kolossal teatrale’?
Se per kolossal si intende questa ricostruzione filologica, utilizzando i mezzi che abbiamo a disposizione e un’estetica che parli allo spettatore contemporaneo sono d’accordo. Come spiega bene Aristotele nella sua ‘Poetica’, tutte le arti sono simultaneamente insieme nella tragedia. La parola, il canto, il movimento, le arti plastiche e visive, l’ingegneria del suono. La ricerca di effetti strabilianti era già presente nel teatro antico che si avvaleva di competenze altre. L’ingegneria navale, per esempio, era stata utilizzata per creare una pedana che si muoveva con cavi nascosti per mostrare il corpo di Clitennestra morta. Oggi abbiamo i ledwall. Possiamo contare anche su una sofisticata ingegneria del suono che ci permette di ridefinire il concetto stesso di silenzio per una completa immersione nella narrazione, come per gli antichi greci: un contesto visivo e sonoro che sostiene le parole.

In alcuni momenti sembra quasi di assistere alla scena di un film distopico….
La dimensione distopica l’ha inventata Eschilo, non io. Oggi la società vive attraverso il video e il linguaggio del cinema: utilizzare anche queste modalità di comunicazione nel teatro ci permette di restituire al pubblico la totalità dell’opera come doveva essere percepita allora. Il ledwall, ad esempio, permette di dare spazio alla parte nascosta e intima di un personaggio. Proiettare nello spazio circolare al centro (un grande occhio, un pozzo, una sfera in cui si riflettono emozioni e sentimenti, ndr) il volto di Clitennestra malefica e disperata nel pianificare il suo delitto significa offrire al pubblico la visione dei suoi pensieri intimi e della sua doppiezza. La fragilità umana.

Oreste il matricida è un uomo fragile?
Ossessionato del pensiero della vendetta è vittima del suo destino. Il suo crimine, uccide la madre Clitennestra per vendicare il padre Agamennone, sarà giudicato in un atto considerato il fondamento del diritto e della democrazia occidentale, “Eumenidi” (nello spettacolo “Coefore-Eumenidi”, ndr). Nel mondo post-pandemico di oggi dobbiamo denunciare i limiti e la dolorosa imperfezione di un sistema democratico. Proprio in ‘Eumenidi’ ne comprendiamo la natura, con l’assoluzione di Oreste assassino da parte di un giudice, Atena, e di un avvocato, Apollo, che per la loro stessa natura divina determinano una disparità di giudizio al limite dell’iniquo.

Cosa risponde a chi dice che non è etico affrontare costi così elevati per uno spettacolo?
Che lo dicano a Eschilo, non a me. Trovare i fondi per la cultura è un’arte che si realizza con le idee. Anzi, vorrei che il teatro avesse budget sempre più sostanziosi per la comunità artistica e per il pubblico. Vede, non faccio distinzione fra spettacoli con alta tecnologia o scenografie di cartone. Ho cominciato a fare teatro in posti dimenticati, seduto su una sedia con in mano una torcia elettrica. Chi crede che non sia etico sostenere costi alti per il teatro dimostri che questi sono soldi buttati e non spesi bene per il pubblico e per le nuove generazioni che abbiamo il dovere di educare.

Chiude il primo atto con un brano dei Portishead cantato da attori e pubblico e il secondo con un brano di David Bowie, perché?
E’ una celebrazione finale, una festa che coinvolge tutti. I concerti rock sono stati una nuova trasformazione del rito attorno all’arte e oggi sono il linguaggio musicale più diretto. E io voglio parlare a tutti.

Fra un po’ debutterà come regista di cinema…
In verità ho già diretto un film per la tv Svizzera, ‘W Verdi’. Di questo nuovo lungometraggio, coproduzione italo-francese, posso solo dire che cominceremo a breve le riprese. E’ un film per le sale che vuole raccontare il nostro tempo attraverso il mito. La regia è di Livermore & Cucco, che ha già firmato con me lo spot (girato sott’acqua, ndr) “A teatro si respira la vita” per il ministero della Cultura.

La domanda che vorrebbe sentirsi fare e non le è mai stata fatta?
Una domanda intelligente (ride, ndr). ‘Che idea di teatro vorrebbe permeasse la società?’.
Risponda.
Teatro e cultura sono la prima industria di questo Paese, lo dicono i numeri. Non si possono trattare opera e prosa come canali tematici. O scegliere sulla base del mi piace, non mi piace. Ci sono beni assoluti dell’umanità, come il Romeo e Giulietta di Shakespeare o l’Orestea di Eschilo. Il pubblico deve conoscerli. Se già un solo spettatore dopo lo spettacolo è incuriosito da Eschilo abbiamo fatto il nostro.

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