Nel monolitico mondo politico del presidente del Veneto Luca Zaia si comincia ad intravvedere qualche crepa nei rapporti con gli alleati di Fratelli d’Italia. Lo stratosferico 76% ottenuto dal leader leghista nel 2020 ha subito una brusca frenata con le politiche dello scorso settembre, quando il partito di Giorgia Meloni è volato al 32,57 per cento, lasciando Salvini al 14,59. Una rivoluzione. Cosa c’è di meglio, per far pesare il rovesciamento di equilibri all’interno del centrodestra con l’occasione della scadenza di metà mandato della legislatura, che avverrà il 12 aprile? Da tempo Fratelli d’Italia mostra insoddisfazione, adombrano richieste di qualche poltrona all’interno di quello è un monocolore leghista, anzi “zaiano”. Adesso la Lega ha deciso di mettere a tacere i mugugni, rispondendo picche. Lo ha detto Zaia in persona, ribadendo più diplomaticamente quello che qualche giorno fa l’assessore Roberto Marcato aveva esplicitato in modo colorito (“Col caz…!”) durante una festa di partito a Montorio Veronese.

La risposta dei Fratelli d’Italia è venuta subito con uno strappo durante i lavori della Sesta Commissione sulla proposta di dotare la Regione di un inno veneto. Una settimana fa si erano detti tutti d’accordo, ma quando si è trattato di votare per avviare il passaggio in aula, gli esponenti di FdI si sono astenuti. Il provvedimento presentato dal capogruppo della Liga Veneta, Giuseppe Pan, è ugualmente passato (contrari il Pd e Veneto che vogliamo). Ma è la motivazione, espressa dal capogruppo meloniano Enoch Soranzo, a confermare il segnale politico. “Siamo veneti e siamo italiani, ci teniamo alle nostre radici e tradizioni venete, ma sentiamo forte e vivo anche il valore della patria. Vogliamo l’autonomia differenziata. Ma per noi l’Inno è quello italiano, l’inno di Mameli”. Rimandano una decisione definitiva sul tema identitario della Lega quando se ne discuterà in consiglio regionale, ma solo dopo il giro di boa di metà legislatura.

Il 12 aprile, infatti, è previsto il voto per il rinnovo o la riconferma dei cinque componenti dell’ufficio di presidenza. Si tratta del presidente Roberto Ciambetti (Lega), dei vicepresidenti Nicola Ignazio Finco (Lega) e Francesca Zottis (Pd), dei segretari Alessandra Sponda (Lega) ed Erika Baldin (Movimento Cinquestelle). Le ambizioni di FdI riguarderebbero una vicepresidenza regionale o la presidenza di una commissione, in sostituzione del rappresentante leghista, oppure un nuovo assessore. Poltrone per contare di più, visto che in giunta hanno solo Elena Donazzan e la linea della maggioranza è dettata dai leghisti.

Alcune settimane fa il bellunese Luca De Carlo, senatore e coordinatore veneto dei meloniani, era uscito allo scoperto in un’intervista: “Non abbiamo avuto un ruolo per le contingenze di due anni e mezzo fa, invece oggi lo scenario è mutato: i rapporti di forza sono cambiati, lo dicono i numeri. Anche nella struttura del partito una riflessione è in corso pure a Roma”. Una richiesta esplicita, anche perché FdI ha lasciato alla Lega sia la guida della Regione Lombardia con Attilio Fontana, che la candidatura per la riconferma di Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia, dove si vota il 2 e 3 aprile.

Le parole avevano creato malumori in casa leghista. Alberto Villanova, presidente dell’intergruppo Lega-Liga, ha reagito così: “Il peso elettorale di FdI è cambiato? Non mi risulta che si proceda a geometrie variabili: i numeri sono quelli delle regionali 2020, non è che ogni volta che c’è una elezione diversa si rivedono gli assetti”. Il presidente del consiglio regionale Ciambetti: “È consuetudine confermare gli uscenti…”. Alcuni giorni fa ci ha pensato l’assessore regionaleMarcato a sparare una cannonata, mandando in visibilio i leghisti veronesi. “Siccome siamo a metà mandato, Fratelli d’Italia visto che ha avuto un risultato alle Politiche un po’ più forte del nostro, vuole cambiare le carte. E dice: vogliamo dei posti in più… vogliamo cambiare perché è cambiato l’assetto politico. Ecco, io voglio militare in un partito che quando Fratelli d’Italia fa queste richieste la risposta è: col caz…!”.

Così è uscito allo scoperto Zaia. Forte del suo potere, ha chiuso la porta ad ogni pretesa di avvicendamenti. “C’è totale sintonia con i nostri compagni di viaggio, non ci sono attriti. Posso capire le aspettative di FdI, ma il consiglio regionale e le commissioni stanno lavorando bene. Gli spazi, in un rapporto corretto, possono essere anche altri”. Entrando nella dinamica elettorale ha aggiunto: “Non è una mancanza di rispetto, ma se a ogni elezione dovessimo cambiare la compagine, diventerebbe anche poco comprensibile per i cittadini. Quando la Lega è passata dal 6 per cento al 34 per cento io non ho aumentato gli assessori leghisti in giunta e ho mantenuto l’assessore di Forza Italia anche quando quel partito era in calo”. Insomma, i risultati delle urne regionali e politiche corrono su binari paralleli. Da Carlo ha capito l’antifona: “Al netto del linguaggio e dei modi decisamente volgari dell’assessore Marcato, non chiediamo poltrone, non chiediamo posti. Fratelli d’Italia non l’ha mai fatto, fa invece un ragionamento politico di condivisione e coinvolgimento nelle scelte della Regione. Noi ci siamo sempre dimostrati leali e corretti”.

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