“La salute è un diritto, non una merce; invece, il ‘Sistema’ ci tratta come clienti che si aggirano indecisi tra le bancarelle. Clienti da ‘pescare’. Gettano le reti con l’aiuto di mutue, assicurazioni (per chi se le può permettere) e di tanta pubblicità. Il Servizio Sanitario Nazionale deve occuparsi di prevenzione anche se questa non produce profitti immediati. La prevenzione, la cura e la riabilitazione sono tutte funzioni fondamentali della sanità pubblica e l’accesso universalistico è l’unico che garantisce che la salute sia un bene anziché una fonte di profitto (per alcuni)” con queste parole Medicina Democratica ed altre decine di associazioni chiamano alla mobilitazione sabato 1° aprile a Milano in piazza Duomo dalle 15,00 alle 18,00. Tra gli oratori il prof. Silvio Garattini, Moni Ovadia, Massimo Cirri e tanti operatori, operatrici della sanità e attivisti dall’Italia e da tutta Europa.

Fidatevi, non è un pesce d’aprile! Il 7 aprile è la giornata mondiale della salute, ma essendo il venerdì di Pasqua le iniziative in molte parti del mondo sono state anticipate al 1° aprile. Il video:

La salute è un diritto sancito dall’art. 32 della Costituzione “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti…”. Ma se la tutela della salute resta scolpita nella Costituzione, ben diversa è la realtà quotidiana con la quale si scontrano i cittadini.

Il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nato con la legge 833 del 1978 garantiva un accesso universale gratuito alla cura, sostenuto dalla fiscalità generale con fasce stabilite in base al reddito. Tutti i governi che si sono susseguiti da metà degli anni 80 hanno contribuito a distruggere pezzo dopo pezzo il nostro SSN a favore della sanità privata, sempre più inserita, attraverso convenzioni ed accreditamenti, dentro il Servizio Sanitario pubblico.

I numeri sono conosciuti, qui mi limito a ricordare che i letti pubblici sono passati tra il 1981, subito dopo l’approvazione della l.833 e il 2016, da 392.000 a circa 172.000 con un taglio di circa il 56% (avendo già escluso dal conto i letti dei manicomi, che sono stati cancellati dalla legge Basaglia). Di pari passo è proceduto il blocco delle assunzioni del personale sanitario e l’inserimento del numero chiuso a Medicina, con il risultato che oggi si stima che manchino tra i 30 e i 40.000 medici, e oltre 100.000 infermieri.

La salute è il bene primario d’eccellenza, chiunque di noi sarebbe disponibile a qualunque cosa pur di mantenere sé stesso e i suoi cari in buona salute e questa consapevolezza ha guidato le strategie dei grandi gruppi sanitari privati consapevoli che la crescita dei propri profitti sarebbe stata proporzionale allo smantellamento del servizio pubblico. Politici conniventi ed obbedienti hanno provveduto a raggiungere tale obiettivo.

Le interminabili liste d’attesa sono il risultato più evidente di tali scelte. Ogni settimana con “37e2” 37 e 2 – Radio Popolare, la trasmissione sulla salute che conduco su Radio Popolare, siamo sommersi da segnalazioni; mi limito agli ultimi due casi, ambedue riguardanti il S. Raffaele, struttura privata accreditata, dove con il Servizio Sanitario l’attesa per una colecistectomia è di 1300 giorni e per una prostatectomia di 50 mesi, oltre quattro anni, durante i quali il destino del cittadino/paziente può prendere strade drammaticamente serie. Privatamente una colecistectomia è disponibile nel giro di pochi giorni a 7.500 euro. Sollecitato ad intervenire in trasmissione per commentare l’accaduto e per illustrare quali doverosi provvedimenti intendesse assumere l’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, ha risposto che “ringrazia per l’invito, purtroppo per inderogabili impegni, è rammaricato di non poter intervenire”.

La Lombardia non rappresenta una situazione isolata; e non è questo l’unico problema: dai medici a gettone che non possono garantire un’assistenza di qualità e la sicurezza necessaria, alla chiusura degli ambulatori sul territorio, dalla mancanza dei medici di famiglia all’assenza di programmazione, dalla riduzione al lumicino dei servizi di prevenzione alla crescita esponenziale delle rette delle rsa.

Tutto questo non è risolvibile con una bacchetta magica, ma molto si potrebbe fare, se ci fosse la volontà politica. Senza nessuna pretesa di essere esaustivo, cito alcune misure che sarebbero necessarie: il divieto dei medici in affitto e l’apertura contestuale di canali di rientro nel SSN, la stabilizzazione di tutto il personale precario, la cancellazione del blocco delle assunzioni, l’aumento degli stipendi del personale tra i più bassi dell’Europa occidentale, il blocco dell’attività privata nelle strutture pubbliche (l’intramoenia) per quegli ospedali che non rispettano i tempi d’attesa previsti dalle leggi, l’obbligo per le strutture accreditate ad avere eguali tempi d’attesa per chi arriva con il SSN e chi privatamente, infatti costoro potranno scegliere il medico, l’equipe e il trattamento alberghiero, ma non deve essere il portafoglio a stabilire i tempi della cura.

Le istituzioni, Stato e Regioni dovrebbero controllare, verificare ed intervenire con provvedimenti e sanzioni. Senza dimenticare l’ovvio, ossia la rimozione del numero chiuso a Medicina, misura necessaria anche se produrrà risultati tra molti anni. Ma la volontà politica non c’è. Ed allora i cittadini devono farsi sentire, per questo vi aspettiamo il 1° aprile in piazza Duomo a Milano.

Articolo Precedente

Ita Airways, maxi perdite nel 2022. Il rosso supera il mezzo miliardo. A rilento le trattative con Lufthansa

next
Articolo Successivo

Il governo va a caccia di soldi tra i pensionati e i poveri: che fine ha fatto la destra sociale?

next