Ribadisce la versione finora fornita, la arricchisce di particolari ma comunica senza enfasi i punti più dibattuti, non ricostruisce la catena di comando. E accusa di “grave falsità” chi dice che il governo di centrodestra abbia modificato le regole sugli interventi in mare a discapito dei salvataggi: così si offendono “la professionalità e l’onore dei nostri operatori impegnati quotidianamente in scenari difficili”. A 8 giorni dal naufragio sulle coste calabresi, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ricostruisce in un’informativa alla Camera e al Senato la nottata che ha portato a 72 vittime ed una trentina di dispersi, difendendo il suo operato e chiarendo che i suoi commenti sulle responsabilità di chi parte su imbarcazioni fatiscenti non volevano certo “colpevolizzare le vittime”, ma erano diretti contro gli scafisti, “ignobili delinquenti”. “Mi dispiace profondamente che il senso delle mie parole sia stato diversamente interpretato”. Non convince però le opposizioni, che rumoreggiano in Aula durante l’informativa e contestano il titolare del Viminale. Da Palazzo Chigi, invece, arriva una nota di plauso per “l’esposizione puntuale dei fatti”, da cui emergerebbe che “non ci sono state carenze nelle operazioni di soccorso, la tragedia è stata pertanto causata dal comportamento criminale degli scafisti”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni diserta l’Aula ma, nella giornata in cui ha provato a ricucire con Matteo Salvini su una “nuova stretta” agli arrivi invocata dalla Lega, fornisce copertura politica a distanza al capo del Viminale mentre la procura di Crotone indaga su eventuali responsabilità nel naufragio e anche quella di Roma ha aperto un fascicolo.

Piantedosi attende “con fiducia e rispetto” l’esito degli accertamenti giudiziari e riferisce la sua versione dei fatti basata sulle testimonianze dei superstiti e sui rapporti acquisiti da Guardia di finanza e Guardia costiera. Il punto centrale che a suo avviso assolve da responsabilità le forze intervenute è sempre lo stesso: l’aereo di Frontex che la sera del 25 febbraio individua per primo il barcone a 40 miglia dalle coste calabresi non segnala “una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la presenza di una persona sopra coperta, di possibili altre persone sotto coperta e una buona galleggiabilità dell’imbarcazione”. La segnalazione è quindi diretta “correttamente, alle autorità italiane di law enforcement e, per conoscenza, anche a quelle di soccorso marittimo”. Nessuna sottolineatura sulle riprese termiche, i bocchettoni aperti, neanche sul mare che impedisce alla Guardia di finanza di continuare la ricerca ma che evidentemente viene ritenuto sicuro per l’imbarcazione che, potenzialmente, trasporta persone sotto coperta e non ha attrezzature di salvataggio visibili dall’aereo di Frontex.

Alle 2.20 si muovono – ricostruisce Piantedosi – due unità della Guardia di finanza e non le motovedette della Guardia costiera capaci di operare anche in condizioni proibitive. Sono però costrette a rientrare alle 3.30 per il mare grosso senza avere avvistato il barcone. Solo intorno alle 4 arriva una richiesta di soccorso da un numero internazionale che comunica le coordinate di Steccato di Cutro. “È questo – sottolinea il ministro – il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane”. Troppo tardi. E la responsabilità, secondo Piantedosi che cita i racconti dei sopravvissuti, è degli uomini alla guida del barcone che, intorno alle 3.50, avvistati lampeggianti sugli spiaggia, temendo la presenza delle forze dell’ordine, “effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare”. L’imbarcazione urta una secca, si rompe la parte inferiore dello scafo, che si allaga. Una forte ondata la capovolge e tutti i migranti cadono mare. La tragedia dunque, è una “dipendenza diretta dalla gestione criminale di trafficanti senza scrupoli”.

Nulla da addebitare alle forze che intervengono in mare, Guardia di finanza e Guardia costiera, che dal 22 ottobre 2022 al 27 febbraio 2023 hanno salvato 36.489 persone (24.601 in eventi Sar e 11.888 in operazioni di polizia). Numeri che, per Piantedosi, dimostrano come sia “del tutto infondato che le missioni di law enforcement non siano in grado di effettuare anche salvataggi”. Ma neanche mezza parola sulla catena di comando di quella notte: chi ha deciso di operare così? E perché?. L’esigenza di tutela della vita “ha sempre la priorità, quale che sia l’iniziale natura dell’intervento operativo in mare”, si difende il ministro. Parole che non placano l’opposizione, anzi. “Anche oggi – il commento della segretaria del Pd, Elly Schlein – un’occasione sprecata per rispondere a domande precise: chi ha deciso che intervenisse la Guardia di finanza invece che la Guardia costiera?”. Per il compagno di partito Peppe Provenzano “alla fine quelle vite si potevano salvare” e il governo” deve essere indagato per strage colposa come disse anche Meloni il 14 aprile del 2015, dopo il naufragio a largo di Lampedusa”. Vittoria Baldino (M5s) attacca il vicepremier e ministro dei Trasporti: “Dove è Matteo Salvini? Perché continua a scappare dal Parlamento come un coniglio e non si assume le sue responsabilità? Se ritiene di rispondere solo a se stesso si guardi allo specchio e si dimetta”. Per il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, “l’identità italiana è di chi salva le vite non di chi fa respingimenti”. Mentre Angelo Bonelli (Adv) ribadisce la richiesta di dimissioni di Piantedosi, che “non ha in alcun modo risposto sul nodo cruciale della questione: perché alle navi della Guardia Costiera non è stato dato l’ordine di uscire in mare?”.

Articolo Precedente

Flavio Tosi, il deputato di Fi ed ex sindaco di Verona: “La guerra è colpa di Zelensky. Essere fascisti? Non è reato, io un pochino lo sono”

next
Articolo Successivo

Veneto, Lega verso il congresso regionale sempre più divisa. L’uomo di Salvini sfiderà quello di Zaia (ma c’è il terzo incomodo)

next