Ci sono diversi aspetti della segnalazione di Frontex che Matteo Piantedosi aggira quando sostiene che non ci sia stata alcuna allerta, nessuna richiesta di soccorso. Anche nella sua informativa alla Camera, come già avvenuto finora da parte sua e di tutti gli altri membri del governo Meloni che hanno preso una posizione dopo il naufragio di Crotone, il ministro dell’Interno ha ribadito: “È essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema Sar (ricerca e soccorso, ndr) non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza. Solo ed esclusivamente se c’è tale segnalazione, si attiva il dispositivo Sar. Laddove, invece, non venga segnalato un distress, l’evento operativo è gestito come un intervento di polizia”. Questa la sintesi del capo del Viminale che sostanzialmente mette in chiaro la burocrazia in cui l’Italia si è infilata da qualche anno, smascherandone i limiti, ma allo stesso tempo continua volutamente a ignorare l’importanza – pur avendoli citati – di almeno cinque punti della segnalazione di Frontex e dell’evoluzione di quella notte che meritano di essere ripercorsi perché, potenzialmente, indicano almeno una possibile sottovalutazione dell’evento.

La mail di Frontex
Quando Eagle 1, un aereo Beechcraft 200 Super King Air di Frontex, avvista il barcone con circa 180 migranti a bordo nella tarda serata di sabato allega alla sua comunicazione due fotografie. E da qui bisogna partire per comprendere quali segnali potrebbero essere stati sottovalutati. Quanto scrive Frontex è chiarissimo: a bordo c’era “uno nel ponte superiore” e “possibili altre persone sotto coperta”. Se è vero che la galleggiabilità è “buona” e il natante procede regolarmente a una velocità di 6 nodi, quindi, d’altro canto è evidente che qui c’è una prima indicazione di altre presenze a bordo.

La risposta termica
Ma come arriva Frontex a immaginare che ci fossero altre persone a bordo? Le telecamere montate a bordo di Eagle 1 danno una “significativa risposta termica”, lasciano comprendere cioè che sotto coperta è probabile la presenza di molte persone anche perché i “portelli” laterali del caicco sono “aperti”.

La telefonata in Turchia
C’è un altro dettaglio che fa immaginare la presenza di migranti: i piloti dell’aereo segnalano che grazie al sistema di monitoraggio satellitare è stata rilevata “una chiamata satellitare dall’imbarcazione alla Turchia”. Appare quindi chiaro che la barca diretta sulle coste calabresi avesse un link con la Turchia, noto punto di partenza degli scafisti che coprono quella rotta con i migranti.

Gli strumenti di salvataggio
C’è poi un’altra valutazione di Frontex: “Non è visibile”, scrivono i piloti di Eagle 1, la presenza di giubbotti e altre attrezzature di salvataggio. È utile sottolineare che l’attuale comandante della Guardia costiera, Nicola Carlone, nel 2017 presentò a Londra le linee guida di salvataggio del corpo. Nel documento, quando viene descritta la “valutazione dei casi” come Sar, si legge: “Imbarcazioni non idonee alla navigazione e gestite da organizzazioni criminali; Nessuna bandiera di Stato-Equipaggio non professionale; Assenza-carenza di attrezzature di sicurezza; Barche sovraffollate; Presenza di un’emergenza medica”. Visto l’intervento della Guardia di finanza, quella notte, si immaginò almeno la gestione da parte di organizzazioni criminali e Frontex segnalò che le attrezzature di sicurezza non erano visibili, oltre alla possibilità che a bordo fossero presenti sotto coperta molte persone. Su cinque possibili elementi per un caso Sar ce ne sono almeno tre borderline. L’imbarcazione tuttavia non viene neanche monitorata dal cielo.

Il mare che ferma la Guardia di finanza
C’è poi da considerare un ultimo, importante aspetto. Alle 3.40 la sala operativa della Guardia di finanza di Vibo Valentia comunica all’Autorità marittima di Reggio Calabria che le imbarcazioni inviate – lo scafo veloce V.5006 e il pattugliatore Barbarisi – “sono state costrette ad interrompere la navigazione per avverse condizioni meteo marine”, hanno riassunto i finanzieri nella loro relazione di servizio. Il mare insomma rende difficile la navigazione a due imbarcazioni militari, una delle quali – il Barbarisi – lunga 33 metri. Il caicco potenzialmente sovraffollato e senza attrezzature di sicurezza visibili è stato evidentemente ritenuto in grado di arrivare a riva senza correre alcun rischio, nonostante la forza del mare?

Il distress secondo Piantedosi
C’è un ulteriore dettaglio nell’informativa di Piantedosi che fa a pugni con un altro passaggio della relazione di Carlone, risalente a sei anni fa. “Laddove, invece, non venga segnalato un distress, l’evento operativo è gestito come un intervento di polizia”, ha affermato il ministro alla Camera. Le “regole di ingaggio” degli ultimi anni contraddicono un “principio di precauzione” espresso dall’attuale numero uno della Guardia costiera nel 2017: “Ogni barca sovraffollata è un caso Sar e una possibile situazione di pericolo. La fase di distress inizia anche senza un esplicito segnale di soccorso”. Sempre che non siano cambiati anche i principi di precauzione per salvare vite in mare.

Twitter: @andtundo

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