Di recente ho avuto modo di soffermarmi su un tema a me caro: la disapplicazione di alcuni principi costituzionali. È vero che abbiamo una buona Costituzione ma è anche vero che, se poi quanto essa sancisce viene di fatto ignorato dal potere politico, rimangono le vuote parole.

Ho pensato a questo seguendo la vicenda dei due nuovi quesiti referendari depositati il 2 marzo presso la Corte di Cassazione da un comitato promotore formato da giuristi, economisti, uomini di cultura e giornalisti, sostanzialmente guidato da Ugo Mattei. Seguo Ugo da anni nelle sue battaglie, specialmente quella sui beni comuni, e lo ammiro. Ammiro soprattutto la sua tenacia nell’essere contro, contro una cultura del disinteresse e un potere arrogante. Questa sua ultima battaglia si inserisce perfettamente in questo quadro. In cosa si sostanziano dunque i due quesiti e come la Costituzione viene ignorata?

Uno vuole l’abrogazione dell’art. 1 del D.Lgs. 502/1992 laddove esso prevede che al tavolo per l’annua programmazione sulle priorità di spesa destinata alla sanità pubblica partecipino non solo i rappresentanti delle istituzioni pubbliche, ma anche i privati (“operatori sanitari… privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale”). È evidente lo scopo e cioè quello di invertire una rotta – sempre più marcata in questi anni – di smantellamento progressivo della sanità pubblica, alla faccia dell’art. 32 della Carta che tutela la salute.

Il secondo vuole invece l’abrogazione dell’art. 1 del D.L. 2 dicembre 2022 n. 185, convertito poi nella legge n. 8 del 27 gennaio 2023, che prevede l’invio da parte dello Stato italiano di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina. Alla faccia dell’art. 11 della Carta, che ripudia la guerra.

I due quesiti sono strettamente legati tra loro anche dal punto di vista economico, visto che l’ultimo DEF, Documento di Economia e Finanza del Governo, prevede nel 2023 un aumento di 12 miliardi di euro per il budget della Difesa a fronte di una riduzione di 2 miliardi per le spese sanitarie pubbliche. Più armi e meno salute… E sono due quesiti (tra l’altro molto chiari e semplici e questo è un grosso aiuto all’elettore) su cui si potrebbe scommettere che la maggioranza degli italiani si troverebbe d’accordo un giorno che si andasse alle urne.

Con la povertà che avanza a ritmi sostenuti è difficile pensare a un italiano che sia favorevole allo smantellamento della sanità pubblica, così come i sondaggi più recenti dicono che gli italiani sono contrari all’invio di armi all’Ucraina. Resta comunque il fatto che è triste che ci si debba appellare ad un referendum per far rispettare i dettami costituzionali e la volontà popolare.

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