L’ultima misura del governo sul Superbonus continua a fare discutere. Dentro e fuori la maggioranza. Tre giorni fa l’esecutivo ha deciso di fermare le cessioni del credito relative alle agevolazioni fiscali per i lavori edilizi. E oggi Giorgia Meloni si è esposta sulla questione, spiegando che il costo totale dei crediti del superbonus “è attualmente di 105 miliardi di euro. A ogni italiano” quindi, “il superbonus è costato 2mila euro. Quando spende lo stato non è nulla gratis”. Una dichiarazione che ha provocato la reazione di Francesco Boccia. “La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ragione: quando paga lo Stato, la spesa non è gratis ma a carico di tutti i cittadini. È uno dei principi più elementari dell’economia. Dovrebbe anche ricordare, però, che questo vale non solo per il Superbonus, che rilancia un settore e aiuta le famiglie che non potrebbero permettersi quegli investimenti, ma vale anche e soprattutto per le tasse non pagate. E il condono agli evasori, gentilmente concesso dal suo governo, lo paghiamo tutti noi. La coerenza è un abito che andrebbe indossato sempre, non solo quando conviene”, ha detto il senatore del Pd. Tra i dem ha replicato pure Carlo Cottarelli, che su twitter ha scritto: “Per spiegare perché è stato posto un freno al superbonus Meloni ha detto che è costato 2000 euro a ogni italiano. Esatto: quando una cosa la paga lo stato non è gratis come tanti pensano, compreso molti esponenti dell’attuale coalizione di governo”.

Berlusconi: “Intervento del governo inevitabile” chiede modifiche in Parlamento – La decisione di stoppare il superbonus ha creato fibrillazioni pure nella maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni. Persino Silvio Berlusconi ci ha tenuto a esporsi con un post sui social. Poche righe per dire che la scelta del governo di fermare le cessioni del credito sia giustificata “e forse inevitabile“. Poi però il capo di Forza Italia ha rilanciato la richiesta del suo partito: “Il Parlamento sovrano discuterà il decreto, e, nei tempi richiesti, ove lo ritenesse opportuno, potrà apportare utili modifiche“. Da giovedì, giorno dell’approvazione del dl, il partito di Arcore è andato in pressing per le modifiche, chiedendo che non venisse posta la fiducia sul testo. “Era indispensabile approvare in consiglio dei ministri quella decisione. Perché con le nuove regole di Eurostat c’era il rischio che i conti pubblici saltassero e il governo ha la responsabilità di impedire questo. Ora lavoriamo in Parlamento in modo da migliorare il testo. In parlamento si può cercare di trovare qualche soluzione per agevolare famiglie e imprese”, ha detto ancora oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Monaco. Poco dopo ecco che Meloni, sui social, ha specificato di avere in agenda colloqui con le associazioni di categoria per valutare interventi ulteriori. “Aziende e lavoratori sono stati messi in una condizione tragica da qualcuno che evidentemente non era abbastanza serio nello scrivere questa misura, quindi siamo intervenuti e continuiamo a intervenire, convocheremo tutte le associazioni di categoria, le aziende coinvolte, per capire che cosa altro possiamo fare per aiutarle, per dare loro una mano, per salvare queste aziende e per salvare questi lavoratori e per rimettere questa misura in un binario sensato”, ha detto la premier.

La risposta di Fdi a Forza Italia – Come dire: prima di passare la palla al Parlamento, la capa dell’esecutivo vuole incontrare i costruttori. Più o meno lo stesso messaggio di Tommaso Foti, capogruppo di Fdi alla Camera. “La proposta di Forza Italia per un tavolo di maggioranza sul superbonus? Vedremo, per ora aspettiamo l’incontro di domani a Palazzo Chigi, dove ci sono già le associazioni che hanno diretto interesse sul decreto”, ha detto il meloniano, rispondendo a Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo: i capogruppo berlusconiani al Senato e alla Camera avevano chiesto un incontro di maggioranza prima che il provvedimento sul superbonus venga posto all’attenzione della Commissione. “Lunedì – aggiunge Foti – vedremo il da farsi, noi conosciamo bene la questione. Quando vogliono noi ci siamo, ma aspettiamo di capire l’esito dell’incontro a Palazzo Chigi“.

Le richieste di Confedilizia e dell’Ance – Intanto all’esecutivo arriva il messaggio di Federica Brancaccio, presidente dell’Ance. “Stimiamo crediti incagliati legati ai bonus immobiliari per circa 15 miliardi. Abbiamo avanzato una proposta per l’uso degli F24 dei clienti delle banche. La cartolarizzazione? Se c’è una soluzione va bene, ma basta che sia rapida e non di mesi”, dice la numero uno dei costruttori in vista dell’incontro a Palazzo Chigi sul decreto che blocca la cessione dei crediti. “C’è una crisi di liquidità che rischia di far fallire migliaia di imprese e di far saltare la grande opportunità rappresentata dal Pnrr, un nodo sul quale pesa anche il caro-materiali”, aggiunge, spiegando che i costruttori chiederanno “una misura con regole certe e chiare, stabili nel tempo e sostenibili economiche che consentano programmazione alle imprese per gli investimenti e ai cittadini per le scelte”. Brancaccio ricorda poi che “il superbonus è nato in un momento di crisi per dare una spinta all’economia e l’ha data. Poi ci sono state modifiche. Questo mina le certezze. La sfiducia tra Stato e cittadini ha un costo sociale altissimo. Se nessuno si fida,tutto si blocca. Con un risvolto anche economico oltre che nelle urne”. Il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, invece, dice che al governo dirà “che non vanno confusi i piani. Un conto è il tema dei cosiddetti crediti incagliati, con riferimento ai quali occorre fare ogni sforzo per individuare misure che siano in grado di sbloccare i cantieri fermi, al fine di tutelare al massimo i cittadini che si sono fidati dello Stato, proprietari di casa in primis. Il decreto di giovedì tenta di migliorare la situazione, ma a nostro avviso serve molto di più”.

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