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Eduardo Scarpetta a FqMagazine: “A Sanremo scandalo per il bacio tra uomini e il gender fluid? In Italia l’ignoranza è sempre esistita e sempre esisterà”

Abbiamo incontrato l'attore, premiato con il David di Donatello e tra i migliori della sua generazione, in occasione dell'uscita della nuova serie tv Netflix “La legge di Lidia Poet”. Un racconto a tutto tondo tra momenti ironici e una riflessione sulla società di oggi 

di Andrea Conti

Il suo trisavolo è stato uno dei più grandi commediografi italiani. Suo papà Mario lo ha fatto salire sul palco a soli 9 anni. Da lì il colpo di fulmine per la recitazione. Eduardo Scarpetta ha già alle spalle un David di Donatello per “Qui rido io”, dedicato proprio alla sua famiglia, e ruoli di successo in “L’Amica Geniale”, “Capri Revolution” e “Carosello Carosone” di Martone fino all’exploit nella serie di Ozpetek “Le fate ignoranti”. Ad aprile esce il film internazionale “Mafia Mamma” con Toni Collette e Monica Bellucci, mentre sono finite le riprese di “I Leoni di Sicilia”, tratto dall’omonimo romanzo di successo di Stefania Auci. Abbiamo incontrato l’attore, tra i migliori della sua generazione, in occasione dell’uscita della nuova serie tv Netflix “La legge di Lidia Poet”. La storia è ispirata alla prima avvocatessa d’Italia, interpretata da Matilda De Angelis. Ottimamente girato, con costumi e fotografia di primo livello e un cast azzeccato. Scarpetta è Jacopo Barberis, giornalista della Gazzetta Piemontese, che avrà un colpo di fulmine lavorativo e personale proprio con Lidia.

Com’è stato ritrovarsi nei panni di giornalista?
Faccio il giornalista in funzione della narrazione. Lidia attinge notizie da me e io da lei. Diciamo però che non viene approfondito molto il mio mestiere, come si arriva ad uno scoop e la costruzione di una notizia. Mi ha colpito però il fatto che all’epoca quando c’erano le notizie, non c’erano altre fonti per verificare. Tutti si fidavano del giornalista: ‘Perché l’ha detto il giornale’. Quindi quella verità era l’unica per tanti, lettori e non.

Che opinione ti sei fatto di questo lavoro?
Ho sempre immaginato voi giornalisti con la giusta dose di pelo sullo stomaco, con la voglia di arrivare prima degli altri a raccontare le cose in un certo modo. Nel corso del tempo ho avuto anche dei problemi perché vedete quello che volete vedere e leggete cose tra le righe che magari non sono importanti.

Schiettezza apprezzata, ma in che senso?
Che alcune parole poi vengono distorte. Un esempio: ero agli inizi della mia carriera, facevo teatro e non avevo ancora fatto il cinema. Avevo terminato il tour di ‘Filumena Marturano’ e ho fatto un’intervista di 45 minuti che alla fine era tutta sulla mia famiglia e la loro storia teatrale. Poi il concetto pubblicato nell’articolo era che ‘Eduardo Scarpetta conosce tutte le opere di famiglia a memoria’ (ride, ndr). A parte che non era vero, ma mi hanno fatto pure fare la figura del cretino!

Cosa ti ha convinto ad accettare questo ruolo?
Avevo già lavorato con la casa di produzione indipendente Groenlandia per “Carosello Carosone” di Martone. È un bel gruppo di lavoro con giovani professionisti che fanno cose belle. Poi ero anche felice di poter lavorare con Matilda De Angelis. Facciamo parte, da dieci anni, della stessa agenzia ed entrambi abbiamo lo stesso ufficio stampa. Quando ho fatto il provino ho sperato fortemente che ci fosse anche lei. Così è stato. Ci siamo ritrovati in una grande famiglia.

Dal Lato b mostrato in “Le fate ignoranti” al nudo frontale in “Lidia Poet”. Hai un ottimo rapporto col tuo corpo?
L’altro giorno mi hanno fatto solo questa domanda (ride, ndr). Domanda secca, solo quella. Pur non facendo palestra, credo sia un dono di natura. Solo per ‘Le Fate Ignoranti’ sono aumentato 4kg di massa con dosi massicce di creatina e allenamento.

Si farà una seconda stagione de “Le fate ignoranti”?
Non ne so nulla ma, secondo me, no. Sia per l’intreccio narrativo che si è esaurito sia perché riprodurre un prodotto di alta qualità come quello sarebbe difficile. Per non parlare del fatto che noi tutti gli attori della serie, abbiamo già preso impegni professionali.

Ozpetek sul set ti disse: “Eduardo, non mi sono ancora innamorato di te”. Che hai fatto per convincerlo?
Nulla. Sono sempre stato quello che sono sempre stato, sin dal primo giorno. Però c’è un aneddoto interessante. Primo ciak con me e la Capotondi. La scena in cui baciamo Luca Argentero tra sogno e realtà, mentre lei stringeva il suo maglioncino. Venivo dal successo di ‘Carosone’, non avevo ancora vinto il David, insomma ero la scommessa di Ferzan. Ci mettiamo sotto le luci, Ozpetek guarda lo schermo e scoppiamo a ridere perché sosteneva che somigliassi a un ibrido tra Tina Pica (per le rughe d’espressione) e Sophia Loren per il mio sorriso e il mio volto. Da quel giorno è partito tutto e ci siamo sentiti tutti i giorni per limare il mio personaggio.

Sei consapevole di essere diventato anche una icona gay?
Eh certo! (Ride, ndr). Ero soddisfatto e ne ho parlato anche con il mio ufficio stampa, quando è successo: “Ce l’abbiamo fatta!”, ho esclamato. Credo che non deluderò nemmeno in ‘Lidia Poet’, comunque (ride, ndr).

Un bacio tra due uomini a Sanremo e il gender fluid, creano ancora scompiglio politico. Perché?
È un problema del nostro Paese, ecco perché c’è chi si indigna. Purtroppo l’ignoranza è sempre esistita e sempre esisterà nel confronti non solo dell’omosessualità, ma anche per tutte le altre discriminazioni di genere. Se penso che qualche anno fa c’è stata una manifestazione a Predappio per onorare Mussolini e tra i partecipanti c’era chi aveva scritto sulla maglia la parola “Auschwitzland”… Ci stupiamo di tanta ignoranza e stupidità? Purtroppo cose del genere sono accadute e accadranno sempre.

Il tuo debutto a 9 anni a teatro in “Felicello e Felicella”. Cosa ricordi di quel momento?
Ho un ricordo vivo di quel momento e di quella sensazione, anche se intellettualmente non ero pronto perché ero un bambino. Uscivo di scena e saltavo, avevo sensazioni fortissime. Allora non sapevo spiegarmi cosa accadeva, dopo ho capito. Da lì è partito tutto.

Hai perso tuo papà a soli 11 anni. Cosa ti ha lasciato e che ti porti con te ancora oggi?
Mi sono dato una spiegazione filosofica per questo avvenimento. È stato grazie a questa perdita, se ho preso coscienza di questo mestiere. Se mio padre Mario fosse ancora vivo, probabilmente sarei sotto la sua ala e in una compagnia in giro per tour. E poi mi avrebbe detto: ‘vedi, questo un giorno sarà tuo’. Avrei fondato una mia compagnia e conquistato la fiducia parte dei miei colleghi.

Ma non è andata così…
Già. Ho calcato il palco a 9 anni e poco dopo mi è stato tolto mio padre. Insomma alla fine è come se mi avesse detto: ‘ti ho fatto crescere, vediamo se ce la fai e ce la farai con le tue gambe’. Oggi porto questo nome e cognome e ho quasi 30 anni, posso dire che ce la sto facendo. Ho studiato, ho fatto il centro Sperimentale di cinematografia, sono uno stakanovista. Ho fatto la gavetta.

Tuo padre era famoso per essere accogliente e conviviale. Tu come sei?
Molte persone che l’hanno conosciuto dicono che siamo simili. Lui ci rimaneva male se tutta la compagnia, dopo lo spettacolo, non andava assieme a mangiare al ristorante. Anche io amo condividere momenti conviviali con i miei amici e colleghi. Sono trasparente e, mi dicono, simpatico (ride, ndr).

La tua famiglia, da tua mamma a tua zia, ti dicevano di fare altro. Eri anche un calciatore di talento. Perché hai insistito?
A 9 anni è avvenuta la folgorazione e non potevo tornare indietro. A volte gioco a calcio anche ora, per me è una valvola di sfogo. Stacco così la spina dalla realtà.

Liceo Classico e poi Centro Sperimentale a Roma. Eri secchione, assenze pochissime, sei stato preso in giro dai compagni?
Beh diciamo che qualche attrito c’è stato (ride, ndr). Non facevo assenze, mi concentravo sugli studi. L’idea era quella poi di fare i provini, anche se dopo la scuola per un po’ avevo deciso di fare teatro. Poi sono arrivati i provini di “Capri-Revolution” e “L’amica geniale”. E da lì è partito tutto.

Hai lavorato anche in un bar per mantenerti. Come hai fatto a non mollare mai?
Ero convinto che avrei fatto di tutto per farcela. Avevo ed ho anche la ‘fame’ che mi spinge nel mio obiettivo. Divoro serie tv e film, sono maniacale nello studio di un copione, mosso dalla voglia di dimostrare a me stesso e agli altri cosa so fare. E poi ci sono i provini, lì dipende tutto da te e non solo dall’agenzia. Alla fine l’agente è come l’allenatore di calcio: sei tu che devi fare la differenza.

Schivo sui social che usi solo per lavoro. Di te si sa solo che vivi a Napoli, giochi a calcio e hai due cani. Cos’altro puoi dirci?
Non se se te lo posso dire… (scoppia a ridere, ndr). Scherzi a parte. Tengo molto alla mia vita privata perché voglio tutelare le persone che sono attorno a me. Riposto sui social le cose dove mi taggano, poi scompaio nell’oblio. Quando non mi si vede significa che sto lavorando. Alla fine il mio lavoro è mia moglie.

Nel senso che sei sposato segretamente, è un lapsus?
Ma no! Ti vengo a cercare sotto casa se titoli: ‘Scarpetta ha una moglie segreta!’ (ride, ndr).

Avevi dei viaggi che desideravi fare in Cambogia, in Tibet e in Birmania. Sei riuscito ad organizzarti?
Eh no non ho avuto proprio il tempo materiale. A gennaio dovevo andare in Austria, ma c’era troppo freddo, poi avevo pensato all’Abruzzo e non ci sono andato comunque. Ho preso la macchina e sono andato sul Vesuvio.

Vivi a Napoli anziché Roma o Milano. Perché questa scelta?
A Roma ho già vissuto per studiare, parte della mia famiglia è romana. Ma amo Napoli perché a misura d’uomo. Vado spesso alla Villa Comunale, che è vicino casa, per una passeggiata, vedere il mare… Alla fine Roma è dietro l’angolo, a Milano no. Non ce la farei a stare a Milano o Torino.

Qual è il motivo?
C’è troppo freddo per un corpo napoletano come il mio! (ride, ndr).

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