In tempi di Covid è probabilmente la cosa che più terrorizza ogni mamma e ogni papà: la MIS-C. Si tratta dell’acronimo con cui viene chiamata la sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini, che è una gravissima complicazione dell’infezione Covid-19 che fino ad oggi ha colpito i bambini in modo molto imprevedibile. Ora però la MIS-C appare meno misteriosa, grazie a un nuovo studio della Rockefeller University di New York e del Covid Human Genetic Effort (Chge), un consorzio internazionale alla ricerca delle basi genetiche e immunologiche umane di tutti i diversi modi in cui un’infezione da Sars Cov 2 può manifestarsi.

Mentre infatti nella maggior parte dei pazienti più piccoli l’infezione causata dal virus Sars-CoV-2 si presenta con pochi o con nessun sintomo, un bambino su 10mila sviluppa la MIS-C circa un mese dopo un’infezione lieve con gravi conseguenze sulla sua salute. Questa complicanza esordisce con febbre elevata, dolore addominale molto intenso, vomito, diarrea e miocardite, ovvero infiammazione del muscolo del cuore. Questa condizione produce insufficienza cardiaca e abbassamento consistente della pressione sanguigna che, frequentemente, porta a uno stato di shock. Accanto a queste manifestazioni cliniche, molti bambini presentano segni e sintomi tipici della malattia di Kawasaki come macchie sul corpo simili al morbillo, congiuntivite, labbra screpolate, mani e piedi gonfi e, più di rado, dilatazioni delle arterie coronariche.

Nel nuovo studio i ricercatori hanno individuato un tris di geni difettosi che sembrano non riescano a bloccare l’assalto del sistema immunitario contro il virus, portando così alla caratteristica infiammazione della MIS-C. I risultati, pubblicati sulla rivista Science, sono di fatto la prima spiegazione meccanicistica di qualsiasi malattia di Kawasaki. “I pazienti sono malati non a causa del virus”, afferma il genetista della Rockefeller Jean-Laurent Casanova. “Sono malati perché rispondono eccessivamente al virus”, aggiunge.

I ricercatori hanno quindi analizzato un database contenete centinaia di genomi sequenziati completamente da vittime di Covid-19, provenienti da ospedali situati in Nord America, Asia, Europa, America Latina, Oceania e Medio Oriente. Nel tempo hanno fatto diverse scoperte relative alle predisposizioni genetiche delle persone che sviluppano forme gravi di Covid-19. In quest’ultimo studio i ricercatori si sono concentrati sull’analisi del genoma di 558 bambini che avevano avuto la MIS-C. Cinque bambini non imparentati fra loro condividevano mutazioni in 3 geni strettamente correlati, che controllano la via OAS-RNase L, coinvolta nella risposta dell’organismo al virus. Normalmente, questa via è indotta da interferoni di tipo 1 ed è attivata dall’infezione virale che, a sua volta, stimola la produzione di molecole OAS1, OAS2 e OAS3, prodotte dagli omonimi geni. Questi a loro volta attivano RNase L, un enzima antivirale, “spegnendo” la cellula. Quando la cellula viene inattivata il virus non può dirottare il suo meccanismo di replicazione per diffondere la malattia. Ma nei cinque bambini con queste mutazioni, la via RNase L non viene attivata in risposta alla presenza del virus Sars-CoV-2. La cellula invece rileva l’RNA vitale utilizzando un altro percorso, noto come MAVS, che chiama alle armi un esercito di cellule dendritiche, fagociti, monociti e macrofagi per attaccare in massa gli invasori virali. La via MAVC agisce quindi come una sorta di acceleratore della risposta immunologica.

La via OAS-RNase L dovrebbe agire da freno. Ma nella MIS-C, il freno si rompe e si ha una risposta fuori controllo. “I fagociti producono livelli eccessivi di citochine infiammatorie, chemochine, fattori di crescita e interferoni”, dice Casanova. Segue così una massiccia infiammazione. Poiché la MIS-C è clinicamente e immunologicamente molto simile alla malattia di Kawasaki, i ricercatori ritengono che la MIS-C sia un tipo di Kawasaki guidata da un’infezione da Sars-CoV-2. Perché questa reazione si verifica solo circa un mese dopo l’infezione rimane ancora un mistero. “Ora comprendiamo le basi molecolari e cellulari della malattia, ma non capiamo i tempi”, dice Casanova.

Sebbene i risultati facciano luce su come alcuni geni difettosi possano scatenare la MIS-C in alcune popolazioni, questi rappresentano solo l’1% dei bambini nello studio. Per quanto riguarda il resto del campione, i ricercatori hanno in programma di cercare altre mutazioni legate alla via OAS-RNasi L o in percorsi correlati. “Chiaramente ora abbiamo una via che causa la malattia quando viene interrotta”, dice Casanova. “Ci sono tutte le buone ragioni per credere che ci saranno molti altri pazienti con MIS-C che avranno geni mutati in questo percorso. Sarà il 5 per cento, il 10 per cento, il 50 per cento, il 100 per cento? Non lo so. Ma di sicuro ci saranno mutazioni in altri geni che controllano questa via”, conclude.

30science per il Fatto

Lo studio su Science

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