Una derubricazione con patteggiamento, una fondamentale rogatoria mai andata a buon fine con il Principato di Monaco nonostante i solleciti e un ipotizzato conflitto di interessi caduto. E così si chiude – a 5 anni dalle perquisizioni – l’inchiesta della procura di Milano sull’affaire Eni-Congo che vedeva iscritti nel registro degli indagati otto persone tra cui compreso l’amministratore della compagnia petrolifera italiana, Claudio Descalzi, che rispondeva di omessa comunicazione di conflitto di interessi. Cuore del procedimento “gli affari intercorsi” tra Alexander Haly, cittadino britannico residente a Monaco, e la moglie di Descalzi ad Marie Madeleine Ingoba. La originaria accusa di corruzione internazionale era stata riqualificata in induzione indebita e società e il pm Paolo Storari (che poi aveva lasciato il fascicolo, ndr) avevano raggiunto un accordo per il patteggiamento con il pagamento da parte di Eni di una sanzione di 826mila euro e la confisca di 11 milioni che aveva portato alla contestuale evoca della richiesta della misura interdittiva (stop di due anni nella produzione di petrolio nei pozzi o, in subordine, il commissariamento di quelle attività, ndr) nei confronti Eni. Il 25 marzo 2021 la sentenza di patteggiamento è diventata irrevocabile.

La procura indagava sul rinnovo delle concessioni petrolifere nei pozzi Marine VI e VII in Congo. L’ipotesi era che il gruppo avesse accettato di coinvolgere nei lavori per il rinnovo dei diritti di sfruttamento dei pozzi nel Paese africano società congolesi indicate dal governo per almeno il 10% del valore dei contratti, stimati in 350 milioni. Ipotizzate bustarelle (sotto forma di quote azionarie) di cui avrebbero beneficiato esponenti governativi attraverso partecipazioni occulte in presunte società schermo. Per la procura – che ha reso nota la richiesta di archiviazione con un comunicato – esistevano “elementi indicativi” del fatto che Roberto Casula (allora numero due della compagnia per la Regione Subsahariana, uscito dal gruppo), Alexander Haly e Maria Paduano (dirigente Eni) avessero a DenisGokana – funzionario dellaa Repubblica del Congo in quanto Presidente di Société Nationaledes PetrolesduCongo (SNPC) e successivamente Special advisor per gli affari del petrolio del Presidente del Congo DenisSassou Nguesso – “utilità economiche consistenti nella cessione da parte di Eni a società private congolesi, riconducibili a Denis Gokana, di quote di permessi di sfruttamento petrolifero relative ad alcuni giacimenti, quale corrispettivo per la concessione ad Eni da parte del governo della Repubblica del Congo del rinnovo dei permessi medesimi e per l’attribuzione del 23 % della licenza Marine XI a favore di World Natural Resources Limited (WNR) da parte di AfricaOil& GasCorporation(AOGC), società anch’essa riconducibile a Denis Gokana. Le utilità a Gokana, secondo i calcoli della procura, avrebbero avuto un valore di 77 milioni di euro.

C’è poi il capitolo conflitto di interessi per Claudio Descalzi per gli affari tra Haly e Marie Madeleine Ingoba. Gli inquirenti hanno concluso che Haly e Ingoba sono stati soci della società lussemburghese Cardon InvestmentSA almeno fino all’aprile 2014 quando Haly aveva acquistato da Ingoba la sua quota. Secondo la procura la signora Desclazi “è risultata beneficiaria di un conto corrente in Cipro intestato alla Cardon SA dal 6.11.2012 al 22.12.2015. Cardon possedeva tutte le azioni della società Petroserve HoldingBV la quale, attraverso alcune controllate, ha fornito servizi logistici e di trasporto a varie società del gruppo Eni operanti in diversi paesi africani fino quantomeno al 2018”. Per un totale – tra il 2018 e il 2018 – di circa 300 milioni. Descalzi era indagato per non aver comunicato gli affari che la moglie aveva con Eni. ça donna aveva venduto (l’8 aprile 2014, sei giorni prima che Descalzi fosse designato consigliere e poi ad di Eni) la sua quota di Cardon all’amico Haly. “Si osserva che la riconducibilità della società Cardon SA alla Ingoba risulta provata, sulla base degli elementi in atti e non disponendo della più recente documentazione richiesta al Principato di Monaco, solo sino all’8.4.2014 — data di cessione delle quote ad Haly — ovvero, considerando il ruolo di beneficiaria del conto corrente cipriota di Cardon SA (risultato peraltro privo di movimentazioni successive all’aprile 2014), sino al 22 dicembre 2015 sicché, ove pure si volesse collocare il momento di commissione del reato in tale data, esso risulterebbe già estinto per intervenuta prescrizione”. Infine la procura richiama l’attenzione che sull’ipotesi dell’omessa dichiarazione del conflitto d’interessi per Descalzi non è possibile “individuare il momento di esercizio del potere deliberativo” di Descalzi “con riferimento ai contratti ovvero ai pagamenti alle società controllate da Cardon SA, posto che tali rapporti commerciali risultano instaurati non con Eni Spa bensì con Eni Congo ed altre società, controllate dal gruppo, correnti in Africa. Rimane inoltre non dimostrabile, in assenza dei flussi finanziari delle società riconducibili ad Haly e agli altri indagati, richiesti al Principato di Monaco, la ricorrenza dell’evento di danno per la società o i terzi, richiesto dalla norma incriminatrice quale conseguenza dell’omessa comunicazione del conflitto d’interessi.

“Oltre all’omessa dichiarazione del conflitto d’interesse da parte di Descalzi, veniva altresì ipotizzato che l’acquisizione di quote del giacimento Marine XI in capo alla società amministrata da Haly, cioè WNR, fosse parte dello scambio di favori avvenuto tra Eni e Gokana, e vedesse il coinvolgimento anche degli interessi di Madeleine Ingoba”. Per questo era stata avviata la rogatoria al Principato di Monaco, sede della Petro Service ShipManagement) e i conti correnti riconducibili rispettivamente ad Haly, WNR, Ingoba e Descalzi. La richiesta di assistenza giudiziaria per la perquisizione degli uffici di Haly e la trasmissione dei flussi bancari relativi ai conti correnti degli indagati però a distanza di 5 anni “nonostante numerosi solleciti anche da parte del magistrato di Collegamento e del ministero della Giustizia” non è andata a buon fine. “A oggi la documentazione richiesta, anche a causa dell’opposizione interposta dai legali di Haly non è pervenuta, neppure parzialmente, a questa Procura (evento con scarsissimi precedenti, quantomeno nell’esperienza dello scrivente Ufficio). La conclusione della procura è che dopo la riqualificazione anche se i documenti richiesti nel febbraio 2018 al Principato di Monaco dovessero arrivare e eventualmente confermare l’ipotesi “non vi sarebbe il tempo materiale per giungere ad una decisione giurisdizionale prima dell’estinzione del reato per prescrizione”.

“L’archiviazione di questo caso è la conclusione, inevitabile e ben accolta, di un episodio scioccante ed ingiurioso– ha dichiarato Haly in una nota -. Mi sono ritrovato nel mirino di una disputa a sfondo politico che non mi riguardava minimamente. Questa recita giudiziaria è stata priva di qualsiasi accusa concreta ed ha rappresentato solo un colossale spreco di tempo e risorse. È, piuttosto, un’agghiacciante testimonianza di come, sempre più spesso, la legge venga usata come arma. Vorrei ringraziare sinceramente sia Maître Zabaldano ed il suo team legale a Monaco, sia il team legale italiano, per aver protetto i miei diritti.”

AGGIORNAMENTO
l’Ing. Roberto Casula è stato assolto con sentenza passata in giudicato nel processo c.d. OLP 245 e la sua posizione è stata archiviata per quel che riguarda il reato di corruzione internazionale per la c.d. vicenda congolese.

AGGIORNAMENTO del 31-10-23
Precisiamo che il Gip presso il Tribunale di Milano ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti della signora Marie Magdalena Ingoba e di tutti gli altri indagati

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