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Meloni, nella difesa di Donzelli-Delmastro vedo impronte del passato. E a colpire è la platealità

Meloni, nella difesa di Donzelli-Delmastro vedo impronte del passato. E a colpire è la platealità
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L’incredibile metodo elusivo applicato da Giorgia Meloni al caso Donzelli-Delmastro, la coppia di co-inquilini che alla sera, nella comodità del divano, si scambiano notizie sensibili usandole il giorno dopo in Parlamento contro le opposizioni, è – a mio avviso – figlio di due aspetti della cultura fascista.

Il primo è racchiuso in questa frase: “Quando un gruppo o un partito è al potere, esso ha l’obbligo di fortificarvisi e di difendersi contro tutti“. È un passo tratta dall’articolo Forza e consenso del 3 marzo del 1923 (citato nel saggio di Giampiero Buonomo per Tempo presente dal titolo “Quel che non torna nel movente affaristico del delitto Matteotti”, pag. 75) ed è firmato da Benito Mussolini: il duce era allora alle prese con una certa faida tra i suoi (per via del caso Sinclair Oil) ed era assillato dal pericolo che si rivelasse all’esterno la crepa nella unità della sua creatura, il Partito fascista. Giammai, perciò tenne a sottolineare come mantenere forza e consenso.

L’impronta di oggi è la stessa. Meloni ha voluto riprendere i due esponenti del suo Partito, uomini di sua strettissima fiducia, con il monito di una madre che tiene a bada l’esuberanza maschia dei suoi figli; ha detto che non è successo niente, che tutti avevano un po’ esagerato, aggressori – i due fratelli d’Italia coinquilini – e aggrediti – i parlamentari dell’opposizione che hanno visitato in carcere Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame. Mostrare crepe dentro la sua casa non è dato, non se lo può permettere.

Se in altri tempi il caso sarebbe stato di sicuro risolto con l’allontanamento dei due dai loro ruoli istituzionali (vicepresidente del Copasir l’uno e sottosegretario con delega alla politica penitenziaria l’altro) oggi diventa pretesto per la rottura di prassi consolidate, alterando la dialettica politica: come potranno accettare le opposizioni di subire i due prodi? Come potremo tutti noi accettare che continuino a stare in posizioni così delicate da renderli ricettori di informazioni sensibili e potenzialmente suscettibili di essere usate in azioni destabilizzanti?

Non che il passato ci abbia risparmiato odiosi casi di conflitti d’interesse, tutt’altro. Ma qui si è nella platealità, nella rivendicazione. L’assalto orchestrato dalla coppia contiene poi una subdola carica di grave delegittimazione del Parlamento: rompendo una prassi che vuole il confronto dentro certo regole, che escludono ovviamente la diffamazione dell’avversario, si è aperta la porta di un assalto alla già fragile istituzione parlamentare, sdoganando, più di quanto non sia avvenuto in passato in quell’Aula, con più forza, diremmo con più violenza, la menzogna ostentata che smonta le basi di uno Stato democratico costituzionale di diritto: comportamento che Umberto Eco fa rientrare nella lista di quelli tipici dell’Ur-fascismo, il fascismo eterno.

Abbiamo avuto dunque un piccolo assaggio dei metodi della destra al governo. Senza contare che tutto lascia pensare che la scena vista – Donzelli che urla in Aula, Delmastro che lo soccorre, Meloni che li copre entrambi – vada rovesciata e che l’assalto dei due facinorosi abbia tutto il sapore di una loro prima imboscata contro il regime carcerario del 41/bis odiato dai mafiosi. Ma questa è un’altra storia.

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