Non ci sono motivi ambientali per fermare i lavori del nodo ferroviario di Bari. Lo ha chiarito nuovamente il Consiglio di Stato, dando il via libera alla ripartenza dei cantieri. Il problema che sta mettendo a rischio i fondi del Pnrr è la vicinanza ai binari di un’abitazione che sorge nell’area di Lama San Giorgio, di proprietà della famiglia che, attraverso un comitato ambientalista, provocò lo stop del progetto già la scorsa estate.

A luglio, il Tar della Puglia aveva accolto l’istanza cautelare richiesta dal comitato e dal Comune di Noicattaro, in provincia di Bari, che sosteneva la necessità di bloccare i lavori per salvaguardare il territorio. Lo stop del Tribunale amministrativo regionale, però, era stato revocato, poco dopo, da Palazzo Spada. Con l’ordinanza di ieri, 17 dicembre, del presidente della Quarta sezione del Consiglio di Stato, è stata accolto il ricorso urgente di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), responsabile dell’appalto da 370 milioni di euro: i cantieri possono ripartire, ma tutelando la casa di famiglia dei sette residenti di Triggiano. La mozione ambientalista sostiene che non si debba mettere a rischio gli ulivi secolari e l’insediamento archeologico presente nella zona. La discussione d’appello è fissata per il 12 gennaio, nel frattempo i lavori dovranno mantenere una distanza di almeno 500 metri dalla casa di famiglia.

I giudice Ermanno de Francisco ha ritenuto, si legge su La Gazzetta del Mezzogiorno, che il “principale edificio di abitazione di proprietà dei soggetti privati ricorrenti merita di ricevere la tutela più piena“, ma non deve essere motivo di ostacolo per la realizzazione dell’opera pubblica. Invita, quindi, “le parti pubbliche coinvolte nella realizzazione a un immediato esborso di denaro (e peraltro di entità neppure maggiore, almeno astrattamente, di quello che sarebbe infine comunque dovuto in esito al procedimento espropriativo”. Sarà un accordo economico, dunque, a risolvere il problema della Lama attraversata dai binari. Due sono le possibili soluzioni dettate dal Consiglio di Stato: o l’esproprio di tutti gli immobili nell’area entro i 500 metri dai binari, “ovviamente al valore di mercato” precedente al progetto. Oppure con una proposta vincolante di acquisto da parte di Rfi al “giusto prezzo”, stabilito successivamente.

Il progetto del nodo ferroviario, atteso in Puglia da 20 anni, vale 391 milioni, di cui 204 del Pnrr, e serve per allontanare dal mare i binari che tagliano in due Bari. Il piano prevede la costruzione di 10 km di linea, oltre a tre nuove stazioni. I lavori sono a circa un terzo. Il primo stop del Tar a luglio, poi revocato dal Consiglio di Stato, ha già provocato sei mesi di ritardo: il traguardo del 2026, per non perdere i fondi, è a rischio.