Buongiorno,

scrivo in riferimento alla polemica relativa ai tirocini veterinari post laurea. Che amarezza, che delusione.

Lo scorso anno ho iniziato il mio tirocinio post laurea in una clinica del nord Italia e dopo quel tirocinio ho deciso di cambiare professione. Forse la mia passione non era così forte o forse la mia dignità di persona non mi ha permesso di piegarmi ad un sistema che troppe volte mi ha chiesto di chinare la testa e mi ha fatto sentire umiliata.

Non è stato il fatto di dover fare un tirocinio gratuito che comunque io ho accettato di fare, quanto la gestione del tirocinio stesso. Una gestione discutibile e assolutamente da rivedere. Tra coloro che prestavano servizio nella clinica ero quella che faceva più turni. Il primo mese e mezzo nemmeno un giorno di riposo. Nemmeno mezza giornata. Inutile dire che avevo una stanchezza fisica addosso che non mi metteva nelle condizioni di rivedere i casi clinici a fine giornata. Poi due mezze giornate di riposo alla settimana e nessun sabato e domenica liberi, fin quando mi è stata concessa una domenica al mese. La giustificazione è stata questa: “Tanto tu qua non hai una vita sociale perché non hai famiglia”. E quindi questo ti permette di trattarmi come una macchina? Incommentabile, naturalmente. Come incommentabili erano le battute e le risate sghignazzanti sul mio fisico. Pessime. A me non facevano ridere, ma loro si divertivano assai.

La giornata lavorativa si svolgeva prevalentemente con il telefono in mano. Rispondere al telefono era un obbligo e difficilmente riuscivo a seguire una visita per intero perché dovevo prendere gli appuntamenti. L’ aspetto più divertente è che poi mi è stato riferito da un dipendente che i medici si lamentavano del fatto che io uscissi dall’ambulatorio per rispondere al telefono e non seguissi la visita per intero. Salvo poi lanciarmi delle occhiate durante le visite se non correvo a rispondere al telefono. Insomma, sdoppiarmi mi veniva difficile. Molto difficile.

Qualche volta, mentre seguivo gli interventi, venivo richiamata fuori dalla sala operatoria dall’infermiera per pulire le gabbie. Non è mai stato un problema per me farlo ma ricordo di quella domenica in cui ho passato due ore a pulire la diarrea di un cane affetto da gastroenterite e il medico di turno quando è passato mi ha detto: “Vai e lavati, che puzzi di ……”. Sfido lui a profumare di viole dopo un’immersione in quella camera a gas, naturalmente da sola, senza l’ aiuto di nessuno.

Per non parlare di tutte le altre volte in cui ci si rivolgeva a me con toni maleducati e strafottenti. Quanti pianti da sola in quella stanza e quante lacrime trattenute davanti ai clienti. Io forse non ero un premio Nobel per la medicina e se mi avessero messo in discussione da quel punto di vista avrei capito. Ma dal punto di vista umano credo sia stata forse l’esperienza più brutta della mia vita.

Quello che ho sempre fatto è mettermi in discussione, farmi mille domande e chiedermi in cosa io sbagliassi. Col tempo poi ho saputo che molti tirocinanti erano letteralmente scappati da quella e altre cliniche per lo stesso motivo. Sono andata via perché ero davvero distrutta sia psicologicamente che fisicamente. Nessuno dei titolari si è mai preoccupato di come stessi, nessuno mi ha mai chiesto se il tirocinio che stavo svolgendo rientrasse nelle mie aspettative. Probabilmente a loro non importava questo. Forse il mio carattere non mi ha aiutata perché se fossi stata diversa probabilmente avrei preteso più rispetto e me ne sarei andata via senza quella sensazione di inadeguatezza che mi sono portata dietro.

Non aggiungo altri particolari ma avrei un milione di cose da dire. È un peccato che ci si dimentichi da dove si è partiti. Una cosa è certa, io ho capito dove non vorrei più tornare.

Saluti,
Una ex veterinaria
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