Nella serie tv preferita, il protagonista seduto beve una nota marca di birra, mostrando tutta la sua soddisfazione. Poco prima la compagna ha cucinato per lui manicaretti, versando nella pietanza cucchiaiate di una conserva di pomodoro molto conosciuta e un certo tipo di pasta, pubblicizzato da varie influencer. Infine i due si rilassano, sorseggiando un superalcolico già noto al vasto pubblico…

Il fruitore dell’episodio della serie tv non è completamente inconsapevole; teoricamente non si tratta di persuasione occulta perché prima dell’inizio della soap compare la scritta “Nel programma sono presenti inserimenti di prodotti a fini commerciali”. Ma in realtà chi legge mai queste avvertenze prima di guardare la tv? Lo stesso accade in molti film dove l’avvertimento viene di solito posto nei titoli di coda. Questa è un’abitudine commerciale ormai consolidata che sfrutta l’impatto e la visibilità di media, solitamente seguiti da molti spettatori, per posizionare marchi più o meno noti – spesso riferiti ad alimenti e bevande – dietro pagamento di corrispettivi da parte della ditta che si fa pubblicità. Tutto legale, dunque, e vantaggioso… L’azienda rende visibili i suoi prodotti, senza dover sborsare somme ingenti per testimonial ma sfruttando i protagonisti di film o serie tv, la produzione incassa denari che ammortizzano i costi, gli spettatori sono avvertiti e non si può parlare di persuasione occulta.

Eppure questo fenomeno mi porta a riflessioni sulla decadenza della nostra epoca. E’ inevitabile avvertire un accostamento, almeno emotivo e simbolico, con quello che ci hanno raccontato sul Titanic… mentre il piroscafo affonda tutti ballano inconsapevoli della fine. Anche noi come loro siamo incitati a consumare, consumare e ancora consumare, mangiare, mangiare e ancora mangiare (alla faccia della salute e della sostenibilità) mentre il pianeta muore.

Prima di fare ulteriori considerazioni voglio sottolineare che non ho niente contro i film, le serie tv e le aziende che producono alimenti e bevande…. Allora perché tutto ciò mi irrita? A me psicologo fa venire in mente gli scritti psicoanalitici sulla fase orale dello sviluppo infantile. Forse anche a livello sociale esistono questi livelli evolutivi? Vorrebbe dire che una parte della nostra civiltà è involuta in uno stadio in cui l’attenzione è incentrata sui piaceri “orali”. Una società in cui si sono persi i desideri legati al tessuto sociale (verso l’evoluzione, la procreazione, la costruzione di un benessere collettivo) e prevalgono, al contrario, gli istinti non mentalizzati (egoismo individuale e ricerca di un piacere momentaneo senza una progettualità per il futuro).

Boom! Qualcuno dirà: “Questo psicologo ha semplicemente in uggia le trasmissioni nelle quali i protagonisti mangiano e bevono. Fatti suoi! Non le guardi e taccia. Cosa c’entra un’indagine psicosociale con trasmissioni che evidentemente sono seguite da milioni di persone?”.

In questi giorni è uscito un mio libro dal titolo: Intelligenza del desiderio: l’arte di eliminare la me**a dall’inconscio e ripescare i bisogni profondi (compagnia editoriale Aliberti). Cerco in questo testo di mettere in evidenza che esiste una manipolazione dei nostri istinti per far sì che i desideri non siano intelligenti (compresi e elaborati a livello cosciente) ma semplici voglie da soddisfare. Questo meccanismo porta l’uomo ad essere una macchina desiderante che consuma senza mai appagare il suo bisogno. Più consuma, più avrà nuove voglie, nuovi bisogni e si sentirà insoddisfatto. Siamo giustamente molto in apprensione per l’inquinamento del pianeta; perché non ci preoccupiamo degli inquinanti che tutti i giorni vengono accumulati nel nostro cervello e soprattutto in quello dei nostri figli e nipoti?

Porre i piaceri e l’attenzione per il cibo al centro dell’interesse con una miriade di spot pubblicitari, trasmissioni televisive, libri e serie di intrattenimento è un modo per agire su un istinto di base dell’uomo e porlo al centro della sua vita. Si tratta di un veicolo per pubblicità occulte che vengono inoculate nelle nostre menti di fruitori. Ma qual è il problema? In fin dei conti la pubblicità è il centro propulsore della società dei consumi che, in qualche modo, ci offre benessere. Se la pubblicità, che dovrebbe rendere manifesto un bisogno portandolo all’attenzione delle persone, viene fatta in modo corretto allora ben venga, in quanto offre maggiori possibilità di scelta. Quando, come in questo caso, il meccanismo è subdolo e si tenta di trasformare la mente delle nuove generazioni, inculcando il mito della voglia momentanea, diviene una manipolazione a fini commerciali. Rendere le nuove generazioni eterni adolescenti e le vecchie “adolescenti di ritorno” è un modo per impedire che ricerchino i loro veri desideri, quelli che danno un senso alla vita e che appagano una volta che sono raggiunti, anche solo parzialmente. L’adolescenza di ritorno si concretizza in persone che per età ed esperienze sono definite adulte e che, improvvisamente, tornano a comportarsi come adolescenti, abolendo dalla loro vita il principio di non contraddizione e seguendo tutte le voglie momentanee.

Insistere sulle voglie e sui bisogni di pancia è un modo per asservire le nuove generazioni al meccanismo consumistico. Il grande rischio in questa sbornia di consumi è l’insoddisfazione cronica di intere classi di giovani che non riescono a trovare desideri che li appaghino.

La parola desiderio deriva dalla parola latina “sidera” che indica gli astri e le stelle. Il rischio è che l’inquinamento di luci effimere ci impedisca di guardare in alto alle stelle. Allo stesso modo la ricerca spasmodica di tante voglie da soddisfare ci impedisce di percepire dentro di noi un vero desiderio.