La legge Spadolini-Anselmi, scritta dopo la scoperta della P2, è inadeguata: servirebbero nuove norme per contrastare il connubio tra le associazioni criminali e la massoneria. È impietosa nelle sue conclusioni la Relazione della Commissione antimafia sui “Rapporti tra la criminalità organizzata e le logge massoniche, con particolare riferimento alle misure di contrasto al fenomeno dell’infiltrazione e alle doppie appartenenze”. Approvata il 7 settembre dall’organo guidato da Nicola Morra, sbrigando le incombenze rimaste aperte dell’ultima legislatura, dopo 15 sedute e 13 audizioni, il rapporto ribadisce il vivo interesse da parte “della ’ndrangheta, di Cosa nostra, ma anche di autonomi comitati di affari vicini a tali ambienti criminali, di infiltrarsi nel tutt’altro che impermeabile sistema massonico” per realizzare disegni criminosi di ampio respiro, dall’acquisizione, gestione o comunque al controllo di attività economiche, appalti e servizi pubblici alla manipolazione del voto nelle consultazioni elettorali e all’inserimento di propri referenti nei gangli della pubblica amministrazione e nelle assemblee elettive locali.

Logge e clan – Un connubio criminale che rende molto difficile proteggere il mondo legale dell’economia pubblica e dell’apparato amministrativo dello Stato. Del resto, il canale massonico continua ad essere utilizzato da imprenditori e professionisti per “avvicinare” magistrati – che ritengano o sappiano essere vicini o aderenti alle logge – al fine di tentare di “aggiustare” l’esito dei processi, nonostante le sanzioni disciplinari connesse alla iscrizione ad associazioni massoniche. Insomma, la mutualità criminale tra i due mondi paralleli trova nuove conferme nel lavori dei commissari antimafia, guidati dalla senatrice Margherita Corrado, che, pur non producendo nuovi dati conoscitivi, hanno utilmente rielaborato quelli esistenti, muovendosi sulla strada già tracciata dalla Commissione Bindi della XVII Legislatura – che ingaggiò un coraggioso ‘duello’ con il Grande oriente d’Italia che non voleva mostrare gli elenchi dei propri iscritti – e da numerose inchieste sfociate in pubblici dibattimenti nei nostri Tribunali: l’operazione Gotha, che ha accertato la componente riservata o massonica della ‘ndrangheta, proseguita poi in quelle denominate Meta, Il Crimine e Infinito, il processo noto come ‘Ndrangheta stragista, le indagini Artemisia (Trapani), Sub Rosa Dicta (Trani, coinvolti tre magistrati in reati contro la Pubblica amministrazione) e Geenna (Valle d’Aosta).

Il lavoro dell’Antimafia – Il Comitato ha rielaborato le informazioni derivanti da queste solide istruttorie incrociandole con le audizioni di persone che, a vario titolo, hanno conosciuto profondamente il mondo massonico, o per averne fatto parte con ruoli di vertice, come il professore Giuliano Di Bernardo, prima Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e poi fondatore e Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia, o per averne fatto l’oggetto principale dei propri studi e ricerche o inchieste, come lo storico Aldo Alessandro Mola e il professor Massimo Introvigne, tra i massimi esperti di simbologia ed esoterismo. Carlo Palermo e Giuliano Mignini, invece, hanno svolto complesse attività istruttorie nel corso della loro esperienza di magistrati della Repubblica. Come in un recente libro dal titolo Padre e padroni delle logge invisibili (Castelvecchi) di fondamentale importanza per conoscere la geografia del mondo massonico deviato, scritto da Piera Amendola, già responsabile cell’Archivio parlamentare d’inchiesta della Commissione P2, la disciolta Commissione Antimafia fornisce un quadro dettagliato e allarmante sugli intrecci delle “massomafie” nelle quali viene riprodotto il modello “circolo Scontrino – loggia Iside 2” accertato negli anni Novanta “evidentemente mai passato di moda”: in sostanza si tratta dell’annidamento di logge segrete nell’ambito di logge regolari anche appartenenti ad obbedienze diverse, e in « centri studi », circoli e associazioni del tutto palesi nello svolgimento della loro attività culturale e di promozione sociale.

Legge Spadolini-Anselmi inadeguata – L’esito di questa analisi è inesorabile: ancora una volta ribadisce l’inadeguatezza della legge Spadolini-Anselmi, scritta all’indomani della scoperta della P2 (marzo 1981). Quella norma stabilisce il divieto dell’associazione segreta ma non la punisce, rimandando all’eventuale scoperta di un reato specifico. L’allarme suscitato dal quadro esistente, invece, impone l’introduzione di nuove norme che siano capaci di fronteggiare rischi certi e di garantire il corretto funzionamento dei pubblici poteri: si pone con forza l’urgenza di delimitare fortemente la segretezza, specialmente a coloro che esercitano poteri pubblici o funzioni di particolare rilievo, e di allargare l’applicazione dell’articolo 18 Costituzione (“Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”) in modo da considerare le associazioni segrete, di per sé, un pericolo per la democrazia del Paese, come fortemente raccomandato dalla Commissione Bindi nella sua relazione del 2017.

Il racconto del professore: “La mia legge non funziona” – Nella sua audizione il gran maestro De Bernardo ha riferito parole nuove e sorprendenti a proposito dell’inefficacia della legge Spadolini-Anselmi: intorno al mese di marzo del 1993, circa un mese prima delle sue dimissioni da Gran Maestro del Goi., il professor Paolo Ungari, che aveva elaborato quella legge (morto accidentalmente, in circostanze mia chiarite, nel 1999 cadendo nel vano ascensore di un stabile di via Ara Coeli a Roma), gli aveva confidato di avere la consapevolezza che non avrebbe realizzato lo scopo a cui era diretta: “(Ungari) mi dice che quella legge, che è stata voluta per impedire la formazione delle logge coperte, in realtà le tutela”. Gli spiegava il suo interlocutore che la norma – cioè l’art. 1 della legge 25 gennaio 1982 n. 17 – constava di due parti: la prima, dove sono “vietate le logge” (“Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall’art. 18 della Costituzione, quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci…”), la seconda, invece, dove le logge “sono vietate e condannabili alla sola condizione che tramino contro lo Stato” (” … svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento auto- nomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”). La soddisfazione del professor Ungari per avere collaborato come tecnico alla predisposizione di una norma di così insidiosa perfezione si manifesta nella beffarda considerazione confidata al professor Di Bernardo: “Della legge del 1982… voglio vedere quando se ne accorgeranno”. Una testimonianza che rafforza, se c’è ne fosse bisogno, la necessità di metter mano alla norma. La Relazione conclude ottimisticamente lasciando alla Commissione Antimafia della Legislatura in corso il proseguimento del lavoro. Non resta dunque che attendere.

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