Cultura

Einstein secondo Einstein, l’idealismo e l’attivismo (e non solo la relatività) dello scienziato premio Nobel per la Fisica

Hoepli pubblica un saggio a commento, approfondito e articolato, su quelle particolari e poco conosciute Note autobiografiche che il fisico, nato a Ulm nel 1879 e morto a Princeton nel New Jersey nel 1955, pubblicò nel 1946. Gli autori sono Hanoch Gutfreund e Jurgen Renn

di Davide Turrini

“Nell’esistenza di una persona del mio tipo, infatti, l’essenziale si trova proprio in che cosa pensa e come pensa, non in ciò che fa o subisce”. Albert Einstein torna a nuova vita anzi a nuovo pensiero e a nuova filosofia, in Einstein secondo Einstein (Hoepli). Saggio a commento, approfondito e articolato, su quelle particolari e poco conosciute Note autobiografiche che il fisico, nato a Ulm nel 1879 e morto a Princeton nel New Jersey nel 1955, pubblicò nel 1946. Gli autori Hanoch Gutfreund e Jurgen Renn è come se tessessero una tela epistemologica attorno al pensiero einsteniano andando oltre le formule matematiche e l’avvio delle sue due rivoluzioni scientifiche che hanno caratterizzato il ‘900: la fisica quantistica e la relatività. Poi certo se fino ad oggi non avete capito il moto browniano non lo capirete leggendo le pagine del libro. Qui semmai capirete come affermazioni che hanno ribaltato il concetto di tempo assoluto newtoniano, vedi le leggi della relatività ristretta, nascono da una riflessione che prende le mosse da un sapere e da una conoscenza pregressa che va oltre il dato scientifico.

Gutfreund e Renn riportano, ad esempio, una citazione dalle Note di Einstein sulla relatività ristretta: “Nel mio caso – scrisse Einstein nel ’46 – il tipo di ragionamento critico necessario per scoprire questo fatto essenziale fu favorito in maniera decisiva soprattutto dalla lettura degli scritti filosofici di David Hume ed Ernst Mach”. Insomma, l’oramai anziano scienziato dai capelli bianchi sparati a raggiera, divenuto addirittura icona da t-shirt come Che Guevara e Maradona, per rivoluzionare la fisica trae spunto dalla speculazione filosofica sull’esistenza e sull’essere. Come spiegano nell’introduzione gli autori: “Lo scienziato non cita nemmeno gli articoli pionieristici sui quanti di luce, sul moto browniano e sulla relatività ristretta: scritti nel 1905, il suo «anno memorabile», rappresentano la sua rivoluzione copernicana e sono ormai pilastri della fisica moderna (…) Esamina invece l’origine di quei risultati, i suoi processi cognitivi e la ricerca di nuovi principi. Nell’autobiografia non include neanche la formulazione definitiva della relatività generale, cui giunse nel novembre del 1915, ricordata cento anni dopo come un’altra grande rivoluzione. Oggi su questa teoria si basa la cosmologia moderna e, quindi, la nostra concezione dell’universo”.

Insomma, Einstein che si confessa vicino alla morte non è, perdonateci l’accostamento peregrino, l’autocelebrazione dell’assoluto ma l’osservazione ampia del relativo. “Un tema dominante è forse la ricerca della libertà e dell’armonia, condivisa con la grande comunità degli esseri umani che aspirano a verità eterne, che saranno sempre mutevoli”, ricordano Gutfreund e Renn delineando da un lato l’idealismo einsteniano a tutto tondo (ci arriviamo tra un attimo) nonché la trasformazione continua della materia scientifica, l’improvvisa clamorosa certezza che ha bisogno di rigenerazione attraverso il dubbio e la verifica. Einstein tra l’altro, è spiegato nel saggio, inquadrava questa sua mansione, questo suo ruolo di innovatore della fisica come responsabile del salvataggio del pianeta Terra.

Si ritorna spesso in questo libro su come Einstein si fece promotore dell’anelito ad una pace mondiale. O meglio: di un governo mondiale, di un “federalismo (modellato su quello degli Stati Uniti ndr) esteso a tutto il globo” per frenare le scintille distruttive alla Stranamore. Per Einstein non erano sufficienti nemmeno le Nazione Unite in merito all’energia nucleare, ma la soluzione necessitava, alla luce dell’oggi in maniera fanciullescamente utopistica, il controllo di un ente internazionale senza interessi in materia. Pur non avendo attivamente partecipato al Progetto Manhattan, i cui membri non erano neanche autorizzati a parlarne con lui, il collegamento tra lui e la nascita dell’era atomica “lo tormentò per il resto della vita”. E ancora un altro paio di posizioni politiche che emergono in Einstein secondo Einstein e rendono le sue Note autobiografiche un corollario totalizzante del sapere e dell’essere oltre le equazioni. L’ideatore della teoria della relatività generale – Nobel per la Fisica nel 1921 – fu attivissimo contro la discriminazione razziale negli Usa, come appoggiò la colonializzazione della Palestina da parte della popolazione ebraica sopravvissuta all’Olocausto, anche se non fu mai favorevole alla creazione materiale di uno stato d’Israele (anche qui, piuttosto fanciullescamente utopistica). Ne emerge un Einstein idealista che ha pure un rapporto intenso e passa diverse parti della sua vita in Italia, tra cui la fuga dalla ditta di elettrotecnica di suo padre e suo zio, come, udite udite, la bocciatura per l’ammissione ad Ingegneria a Milano.

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