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Afghanistan, Amnesty International racconta l’anno di repressione dei Talebani: “Donne e ragazze sono state private dei loro diritti”

L'associazione lancia la campagna "Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?", cui tutti possono contribuire con un lascito solidale per tenere alta l'attenzione su ciò che sta accadendo. Anche la stampa è tra le vittime: oltre 80 giornalisti sono stati arrestati e torturati per aver dato voce alle proteste pacifiche
Afghanistan, Amnesty International racconta l’anno di repressione dei Talebani: “Donne e ragazze sono state private dei loro diritti”
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“Un anno fa i talebani s’impegnarono pubblicamente a proteggere e a promuovere i diritti umani. Invece, la velocità con cui stanno smantellando 20 anni di passi avanti è impressionante”. Parola di Yamini Mishra, direttrice di Amnesty International per l’Asia meridionale che spiega come dopo 12 mesi di potere in Afghanistan la repressione si stia abbattendo su gran parte della società. Il rapporto La morte a rallentatore dell’associazione testimonia storie di diritti negati, raccontate da oltre 100 donne tra i 14 e i 74 anni. “Detenzioni arbitrarie, torture, sparizioni, esecuzioni sommarie sono tornate all’ordine del giorno. Le donne e le ragazze sono state private dei loro diritti”, spiega Mishra, che evidenzia come un miglioramento nel breve periodo sia diventato una chimera. Per incidere sul lungo periodo, però, Amnesty ha lanciato la campagna Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?, cui tutti possono contribuire con un lascito solidale.

In seguito al ritiro delle forze statunitensi, le opposizioni al potere vengono represse in modo sistematico, come emerge dallo studio Il dominio dei Talebani: un anno di violenza, impunità e false promesse. Il report ricorda come le istituzioni democratiche siano state smantellate e la libertà di espressione, di associazione, il diritto a un processo equo siano stati cancellati. La stampa è una delle vittime: il 19 settembre 2021 il Centro governativo per l’informazione e la stampa ha vietato ai giornalisti di pubblicare notizie “contrarie all’Islam” o “offensive nei confronti di figure di rilevanza nazionale”. Conseguenza: oltre 80 giornalisti sono stati arrestati e torturati per aver dato voce alle proteste pacifiche.

Allo stesso tempo in Afghanistan i cittadini che non appartengono all’etnia pashtun, soprattutto hazara, turkmeni e uzbechi, sono stati cacciati dalle proprie case: a giugno 2022 secondo le Nazioni Unite gli sfollati erano oltre 820.000. Altri elementi di precarietà sono la siccità e la pandemia che hanno innescato una profonda crisi economica accentuata anche dalla sospensione degli aiuti economici da parte della comunità internazionale. Sono 23 milioni gli afghani che rischiano la vita per la fame, di cui oltre 3 milioni di bambini.

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