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Rai, quale servizio pubblico? Me lo sono chiesto dopo una puntata di Linea Verde Explora

Rai, quale servizio pubblico? Me lo sono chiesto dopo una puntata di Linea Verde Explora
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Linea Verde Explora (Rai 1): “Il format di Rai 1 dedicato al racconto del territorio. Un viaggio alla scoperta delle storie che ancora vivono, crescono e si evolvono di generazione in generazione, alternando i cicli della natura a quelli dell’uomo. Una narrazione ricca di scenari mozzafiato e storie uniche: storie di uomini e donne che amano la loro terra, storie di giovani artisti, audaci imprenditori, scienziati e viaggiatori solitari”.

Letto così – su Rai Play – uno spettatore si aspetta di vedere territori incontaminati e sentire le voci di uomini che resistono e gente che ritorna in armonia con la natura. La puntata dell’8 ottobre confermerebbe le aspettative: “Una terra di confine tra Francia e Italia – nella provincia di Cuneo – è la protagonista della prima puntata di Linea Verde Explora”. Ecco che invece nei ventitré minuti della trasmissione, i conduttori hanno il tempo di fare due splendide pubblicità all’acqua minerale Sant’Anna di Vinadio e ad Intesa San Paolo, che – a dire il vero – non si capisce cosa c’entri con la dichiarazione programmatica di cui sopra, visto che la sede è nel centro di Torino (forse il grattacielo è uno scenario mozzafiato). Il tutto condito da un viaggio in auto su una DR.

In effetti, al termine della puntata – vivaddio – la Rai ammette che “nel programma sono stati inseriti a fini promozionali i seguenti prodotti: Acqua Sant’Anna s.p.a., DR Automobiles Group, Intesa San Paolo”. Dal programma traiamo la conclusione che la Rai non solo inserisce spot pubblicitari all’interno delle proprie trasmissioni – come una qualsivoglia tivù commerciale – ma addirittura oggi realizza programmi per glorificare i suoi sponsor all’interno.

Così ecco che il conduttore dà del tu all’amministratore delegato dell’acqua Sant’Anna – Alberto Bertone – il quale si abbandona ad un’esaltazione della “sua” acqua e – pur senza dirlo esplicitamente – si disegna come un benefattore della valle: “Tantissimi sono ritornati a casa dei nonni, noi li abbiamo riportati in montagna. Ventisei anni fa – quando sono arrivato – la valle era spopolata. Sono ritornate le persone e i servizi. Diciamo che abbiamo dato un futuro alla valle”.

A tacere del fatto che l’impianto di imbottigliamento della Sant’Anna è automatizzato e a tacere altresì del fatto che: “I contributi versati per lo sfruttamento delle sorgenti rappresentano a malapena l’1% del fatturato annuale di Acqua Sant’Anna. Le concessioni pagate da Fonti di Vinadio alla Regione Piemonte e ai Comuni della valle Stura ammontano a circa due milioni di euro nel 2020, mentre i ricavi – nello stesso anno – hanno superato quota 250 milioni” (scrive Chiara Sammito su Atreconomia.it). Se andiamo a vedere la popolazione del comune di Vinadio, ci accorgiamo che nel 2001 gli abitanti erano 739 (ed erano ben 3701 nel 1901), mentre nel 2021 si erano ridotti a 597. A margine aggiungasi che dei mille tir che percorrono la valle Stura di Demonte, circa la metà – in media – trasportano bottiglie dell’acqua minerale con conseguente inquinamento.

Passiamo ad Intesa San Paolo, anch’essa dipinta come un benefattore delle aziende. Qui le interviste sono addirittura due: una ad Anna Roscio, Executive Director Sales & Marketing Imprese Intesa Sanpaolo, ed Andrea Perusin, Direttore Regionale Piemonte Sud e Liguria Intesa. Qui la tutela dell’ambiente diventa un affare che Intesa sostiene: “Oggi le nostre imprese devono lavorare per l’indipendenza energetica”. Peccato che un report di quest’anno di Greenpeace denunci: “Intesa Sanpaolo, al 26esimo posto tra le banche mondiali per asset totali e ‘banca di sistema’ italiana, fra il 2016 e il 2021 ha stanziato 18 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili”.

Non pretendo che la Rai faccia solo programmi di reale informazione – come sarebbe peraltro auspicabile svolgendo un servizio pubblico – ma almeno i programmi che presenta come culturali non li infarcisca di spot e – se poi proprio lo vuole fare – almeno controlli cosa dicono gli intervistati.

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