Se il calcio proprio non vi piace, la cosa non vi riguarda. Se il calcio, invece vi appassiona in generale, la cosa vi interesserà come esempio di come si costruisce una squadra vincente prima fuori e poi dentro il campo. Ma se il vostro rapporto con il calcio è quello del tifo e più precisamente del tifo per i colori rossoneri del Milan, allora, come di dice, preparate i fazzoletti e qualche aiuto per attenuare il batticuore perché la cosa è di quelle che procurano emozioni forti.

La cosa è un docufilm (definizione discutibile ma ormai si dice così) intitolato Stavamo bene insieme, presentato in anteprima qualche giorno fa al cinema Anteo di Milano, nelle sale in tutta Italia dal 13 al 16 ottobre prossimi e poi fruibile sulla piattaforma Dazn. Quelli che “stavano bene insieme” sono i calciatori del Milan che tra il 2003 e il 2007 si giocarono la Champions League, arrivando tre volte in finale e vincendone due. A mettere insieme sei di loro – Maldini, Ambrosini, Nesta, Pirlo, Gattuso, Inzaghi – è stato Emanuele Corazzi, uno degli ideatori del prodotto e una reunion del genere è già di per sé un risultato eccezionale. Pare che l’dea sia nata dalla casuale vicinanza in aereo con in aereo con Ambrosini, coinvolto nel progetto anche come voce narrante, insieme con Marco Cattaneo che ha curato la scrittura del racconto e Mattia Molinari alla regia.

Oltre ai sei campioni, al loro allenatore Carlo Ancelotti, ad Adriano Galliani e ad alcuni valorosi avversari come Gigi Buffon e Rafa Benitez, il doc ha un protagonista di grandissimo fascino: San Siro, lo stadio più bello del mondo, dove in quegli anni si sono consumate epiche battaglie e dove i sei eroi si ritrovano su un palco che spicca sul verde del campo nel vuoto degli spalti: un‘immagine di straordinaria suggestione. Sul palco comincia una lunga conversazione in cui tra ritrosie (Pirlo) ed esuberanze (Inzaghi) si delinea il racconto di quegli “anni formidabili”, dalla costruzione della squadra con l’inatteso arrivo di Ancelotti nell‘autunno del 2001 alla vittoria della Champions a Manchester, alla dolorosa sconfitta di Istanbul del 2005 con il Liverpool, alla rivincita di Atene due anni dopo.

Fioccano aneddoti divertenti: una serata a Dortmund così gelida da rendere indispensabili le maglie termiche mentre la società, contrariamente alla sua famosa impeccabile organizzazione, non le ha previste, così qualcuno deve correre a comprarle. Maldini che si risveglia dall’anestesia dopo un intervento al setto nasale pensando di trovare la moglie al suo capezzale e invece vede Galliani e Ancelotti che lo invitano a rimettersi in piedi in fretta perché la settimana seguente c’è da affrontare l’Ajax. Inzaghi che, a dispetto della sua immagine un po’ bullesca, a Manchester ha paura a tirare il rigore contro Buffon e per evitare il delicato compito si avvicina ad Ancelotti fingendo di zoppicare.

L’arrivo di Kakà, che si rivelerà uno straordinario fuoriclasse, tra il malcelato scetticismo del gruppo, sorpreso da quella sua aria da impiegato con la faccia da bambino e gli occhialini. Non può mancare la querelle tra l’allenatore e il presidente, con Berlusconi che insiste per uno schieramento offensivo con almeno tre punte e Ancelotti che gli rifila la balla del modulo ad albero di Natale molto più prudente sul campo di quanto appaia sulla carta.

Ma quello che rende il docu avvincente è una soluzione di montaggio, che ripetutamente interrompe il racconto dei sei troncando le loro parole per inserire le immagini degli episodi a cui si riferiscono. Arrivano così all’improvviso il gol all’ultimo respiro contro l’Ajax; la parata di Abbiati nel derby di coppa sul tiro di Kallon che avrebbe potuto cambiare tutta la storia e quella di Dudek sulla ribattuta di Shevchenko al 120’ della maledetta finale di Istanbul; il pallone calciato da Inzaghi, dopo aver dribblato il portiere del Liverpool, che entra in rete così lentamente da trasformare una frazione di secondo in un’eternità; gli occhi di tigre di Sheva prima dell’ultimo rigore di Manchester, che abbiamo sempre ammirato come uno sguardo in macchina tra i più intensi della storia, mentre – ci rivela il commento – era rivolto verso l’arbitro.

Detto ancora dell’elegante scrittura di Marco Cattaneo, non priva di qualche spunto poetico, affidata alla giusta voce fuori campo di Massimo Ambrosini, non ci resta che confessare un clamoroso conflitto di interessi: tutto quanto scritto sopra è opera di uno sfegatato tifoso milanista.

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