Per difendere il circo bianco delle gare di sci, pesantemente ipotecato dal combinarsi di una crisi energetica con il riscaldamento globale, la Federazione sportiva competente ha presentato una ricerca del Politecnico di Zurigo secondo cui si possono calcolare in 183 gigawattora i consumi complessivi imputabili allo sci in Svizzera, ovvero l’un per cento circa del totale dei consumi energetici elvetici. Anche se fosse vero che in fin dei conti pesi così lo sci sui conti energetici, come il consumo annuo di circa 40mila famiglie, gli stessi responsabili della FIS ammettono che “non sarà facile ipotizzare un piano B per ripianare i deficit annunciati dalle località delle gare, quando le persone devono risparmiare acqua ed elettricità mentre vicino si preparano e si svolgono le gare di sci”, testuali parole del presidente Michel Vion.

Eppure, anche quando si fanno affermazioni ragionevoli, come quella di mettere in dubbio che, in piena economia di (quasi)guerra e di crisi energetica, abbia senso continuare a dilapidare soldi pubblici per sostenere il circo bianco delle gare professionistiche di sci, le reazioni di tanti sono negative.

E scatta l’accusa in cui prima o poi incappano tutti gli amanti della montagna che si sforzano di essere sensibili alle sorti ecologiche, d’essere diventati veri e propri ski-hater. Molti citano, e in fondo fanno bene, l’esempio del calcio, contro il cui spreco energetico e di risorse s’insorge molto più raramente. Sia detto per inciso che tra sci e calcio, come numero di praticanti e di tifosi, non ci sarebbe proprio confronto, dal momento che gli sport invernali riguardano il 2 per cento circa della popolazione europea… Ma l’obiezione ha senso, eccome.

In effetti, tra i sepolcri imbiancati delle dirigenze politico-burocratiche dello sport, si sono distinti per ipocrisia e tempestività proprio i padroni del circo del pallone, che hanno annunciato in pompa magna all’inizio di settembre un ridicolo piano, che considerano il loro fondamentale contributo al risparmio energetico: “Dalla quinta giornata di campionato, per le gare con inizio alle ore 20.45, la piena accensione delle luci negli stadi dovrà essere garantita 90 minuti prima dell’inizio della gara; per le gare con inizio dalle ore 12.30 alle ore 18 la piena accensione dovrà essere garantita 60 minuti prima dell’inizio della partita, tempo necessario per calibrare anche gli strumenti a supporto della direzione di gara (Var e Glt). In tal modo, si avrà una riduzione dei tempi di illuminazione di circa il 25%”.

Già, le maledette tecnologie che dovrebbero aiutare gli arbitri, interrompono le emozioni dello spettatore ma non lo spreco, perché anzi richiedono luci artificiali anche in pieno giorno. Ora è vero che altre tecnologie, meno maledicibili, di cui alcune aziende italiane sono pioniere, come quelle per i pannelli fotovoltaici e per gli impianti solari termici, garantiscono ad alcuni stadi di nuova generazione di coprire il proprio fabbisogno energetico, ma riguarda pochissime eccezioni.

Tutto qui? In aggiunta, – recitava il comunicato dello pseudorisparmio – gli uffici della Lega, insieme con Andrea Cardinaletti, neo-consulente della Serie A per le infrastrutture, si occuperanno di individuare tutte le migliori soluzioni per un efficientamento energetico degli stadi (come il passaggio ai led per tutti gli impianti o l’installazione di pannelli fotovoltaici), nonché per realizzare, in vista dell’inverno, l’ottimizzazione dei consumi di riscaldamento dei terreni di gioco. Sic. Cardinaletti è un manager dalla fortunata e bene appoggiata carriera tra banche e sport, che ha trovato almeno il tempo di dare vita anche a una fondazione benefica che finanzia lodevoli progetti per la pratica sportiva dei meno sfortunati. Speriamo che sia sensibile anche al problema di salvare il pianeta ma dubitiamo che la serie maggiore, con i deliri d’onnipotenza che ne guidano l’andamento (basti pensare all’idea di buttar giù lo storico San Siro a Milano per fare due nuovi eco-mostruosi stadi).

Per le serie minori e le società meno ricche consigliamo di dare un’occhiata al Mulino di Piossasco, vicino a Torino, dove ha preso casa Daniele Ronco con la sua compagnia Mulino ad Arte, realizzando la riconversione di un edificio storico d’inizio Ottocento in eco-teatro. Mulino ad Arte ha creato il format ‘Teatro a pedali’, che coinvolge il pubblico nella realizzazione di uno spettacolo dal vivo ad impatto zero: la scena è alimentata con un sistema di co-generazione elettrica azionato da una serie di biciclette, che vengono appunto affidate a un gruppo di spettatori, chiamati a pedalare per contribuire alla sostenibilità dell’evento cui assistono.

Si noti che i vari spettacoli in cartellone al Mulino ad Arte possono ugualmente andare in tournée con lo stesso sistema, là dove ovviamente il teatro locale che li ospita si fa supportare, come è successo a Bolzano, dall’azienda energetica locale per l’allacciamento delle bici-generatori al sistema tradizionale. Non sarebbe un esempio virtuoso da far seguire a tante società di calcio?

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