Cinema

Cinema, grano e conflitti. Dalla Sardegna all’Ucraina, talento ed emozioni approdano al Lido di Venezia

Bentu di Salvatore Mereu è uno dei rari gioielli di cui il cinema italiano contemporaneo - nelle sue frange più radicalmente indipendenti - può andare fiero

di Anna Maria Pasetti

Impalpabile come il maestrale ma implacabile come i suoi effetti. Bentu di Salvatore Mereu è uno dei rari gioielli di cui il cinema italiano contemporaneo – nelle sue frange più radicalmente indipendenti – può andare fiero. Programmato oggi in concorso alle Giornate degli Autori – sezione autonoma e parallela della 79ma Mostra Internazionale d’Arte di Venezia, si ispira al romanzo di Antonio Cossu “Il vento e altri racconti” (Aedes, Cagliari) e costituisce l’ennesima prova riuscita del cineasta sardo, assai fidelizzato alla Mostra veneziana dove quasi ogni sua opera è stata ospitata. Al centro è il racconto di Raffaele, contadino anziano e antico, che attende pazientemente il “bentu” (vocabolo sardo per tradurre “vento”) per separare i chicchi di grano dalla paglia dopo averli meticolosamente raccolti. Un vento che purtroppo tarda a soffiare, contrariamente a quanto è solito fare in una terra “aperta” come la Sardegna degli estesi campi coltivati a cereali. Imperturbabile e caparbio, Raffaele dimentica se stesso e il mondo circostante per concentrarsi sull’attesa, vigilando giorno e notte presso il raccolto, e rifiutando il suggerimento dei colleghi contadini ad utilizzare la tecnologia. A fargli visita è il piccolo Angelino che tuttavia di pazienza ne ha meno, e desidera subito cavalcare la cavalla di Raffaele. Quanto accadrà poi nel breve ma intenso film non è materia di scrittura ma di visione – Bentu uscirà nelle sale italiane il 15 settembre – al contrario della positività di un giudizio critico che può qui anticiparsi. Perché, come si diceva, è ormai raro incontrare un cinema puro ed essenziale come quello espresso nel quinto lungometraggio del cineasta nativo di Dorgali, dove i pochi dialoghi in lingua sarda rappresentano gli intervalli di un silenzio carico dei rumori naturali, dentro a una parabola esistenziale che si prende tutto il tempo necessario per informarsi. “Penso che Bentu, oltre a esemplificare il rispetto per la natura, possa essere anche una metafora del fare cinema come una volta, non solo analogico vs digitale, ma soprattutto nel rispetto del Tempo necessario, senza imporlo con logiche che ne deturpano il lavoro collettivo e artistico” sottolinea Mereu.

E il tema del grano offre il naturale collegamento a un territorio attualmente martoriato cui verrà dedicata domani l’intera giornata alla Mostra veneziana. Ovviamente si tratta dell’Ucraina, sul cui conflitto in corso è passato oggi un esemplare documentario testimoniale apparso fuori concorso: Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom di Evgeny Afineevsky, cineasta russo-israeliano naturalizzato statunitense già candidato all’Oscar per Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom del 2015, di cui il presente film è una sorta di sequel “in progress”.

Perché purtroppo la guerra dovuta all’invasione della Federazione Russa in Ucraina è tuttora in corso e il suo lavoro è una mescolanza di instant movie “sul campo” e di riflessione su una situazione di conflitto che è iniziata in quell’inverno del 2014 all’indomani dei fatti di piazza Maidan” quando non lo sapevamo ma era solo l’inizio della fine”, accusa il regista. Con lui alla presentazione alla stampa erano anche della giornalista Natalia Nagorna, “figura guida” del film e una giovane donna vittima dei bombardamenti di Mariupol che per salvarsi è stata rinchiusa per settimane col bimbo neonato nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal. Opera feroce ma equilibrata nella sua volontà di non limitarsi alla messa in scena dei bombardamenti e dei loro effetti, bensì anche dei sorrisi dei bambini, della volontà delle famiglie di andare avanti, del coraggio degli artisti ad alzare la voce con opere di creatività, Freedom on Fire affresca geograficamente il conflitto in Ucraina ma lo affonda nelle radici del tempo e della Storia, illuminando cause/effetti con chiarezza e sobrietà. “Il vero coraggio è quando si ha paura ma si trova la forza di agire” sottolinea Nagorna. Dettato dall’urgenza di alzare la voce ma soprattutto dal desiderio di tenere “unite persone, fatti e speranze”, il documentario di Afineevsky sarà di certo uno dei prossimi candidati agli Oscar nella sezione dedicata.

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