“Quello che vale di più nell’uomo è la sua capacità di essere insoddisfatto”, ripeteva José Ortega y Gasset, filosofo e sociologo madrileno. Su Pedro Sánchez, primo ministro di un governo di coalizione con una chiara impronta di sinistra, sembra aleggiare un velo di insoddisfazione. Un trend negativo nei giudizi espressi da una fetta non irrilevante dell’opinione pubblica verso le azioni del governo, che si è consolidato nel tempo. L’inflazione ora galoppa al 10%, dato che assesta l’ennesimo colpo all’esecutivo e che fa sfumare qualsiasi tentativo del premier di vedere invertita la rotta. Anche l’importante intervento di questi giorni della Moncloa sull’aliquota Iva sul gas, portata dal 21 al 5 per cento, è visto come poco più di un palliativo, un “pannicello caldo” bipartisan, invocato dai conservatori del Partido Popular e fatto proprio dal governo di sinistra.

Paradossalmente l’annuncio della misura ha avuto un’eco più favorevole in Italia che in terra iberica; dev’essere il nostro senso di malessere verso la classe dirigente a farci vedere con luce migliore le iniziative dei paesi affini. Qui potrebbero tornare in gioco le riflessioni di Ortega y Gasset, però è forse più utile volgere lo sguardo altrove e sottolineare come anche le misure a prima vista inoppugnabili possono essere viste sotto una diversa angolazione.

La riduzione dell’imposta indiretta sul consumo del gas farà bene alle tasche della classe media, tuttavia da più parti si evidenziano non poche contraddizioni. A medio termine il provvedimento potrebbe essere addirittura controproducente, risultare come un vero incentivo al consumo di gas mentre l’Unione europea mette in campo una politica tendente al risparmio energetico.

In un’ottica più ampia, qualora la misura venisse confermata, si svuoterebbero di contenuto tutte le riforme dirette a favorire l’efficientamento energetico: la riduzione dell’Iva è vista come un disincentivo per gli investimenti verdi nelle abitazioni e, al tempo stesso, gli inevitabili minori introiti per l’Erario avranno un riverbero sui bonus fiscali per la sostituzione di caldaie ed impianti obsoleti.

Sono altre disposizioni a porre la Spagna come possibile modello di riferimento per l’Europa, il tetto al prezzo del gas per esempio. Proposta formulata da Teresa Ribera, ministra della Transizione ecologica, già alla fine del 2021, ma letta con scetticismo dall’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER). Una pressione poi ripresa sui tavoli di Bruxelles ed esercitata con più forza direttamente da Pedro Sánchez e dal premier portoghese António Costa, tanto da portare alla cosiddetta ‘eccezione iberica‘ del tetto al prezzo. Una eccezione pronta a diventare regola per tutti, estendendosi a macchia d’olio nell’intera Unione europea dopo il recente beneplacito del cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Il price cap ha prodotto effetti, quantomeno limitando i danni visto che l’aumento dei prezzi nelle bollette spagnole è rimasto contenuto al 38%, percentuale di molto inferiore alle impennate registrate in altri paesi Ue, si pensi al +76% in Francia, al +73% in Germania o ai dati di Belgio (+72%) e Italia (+70%). L’economia europea, messa all’angolo, reclama l’adozione di quella che a Madrid chiamano válvula de alivio, il calmieramento del prezzo.

Tuttavia per molti tecnici della Commissione Ue non è questa la soluzione, considerato che la Spagna sta usando più gas con una maggiore dipendenza dall’estero. Fatto che, secondo la rivista El Economista, dovrebbe spingere Bruxelles verso altri interventi: riduzione della domanda interna di gas ed energia elettrica con misure drastiche da rendere obbligatorie, e limite di prezzo alle rendite inframarginali (dato dalla differenza fra il prezzo di mercato e il costo di produzione) per le tecnologie, soprattutto rinnovabili, di produzione di energia elettrica. Con l’obiettivo non secondario di rendere i rendimenti commerciali di queste tecnologie indipendenti dal prezzo marginale dell’elettricità.

Sarà un autunno ‘caldissimo’ per Pedro Sánchez, già in campagna elettorale in vista delle consultazioni politiche del prossimo anno, e per l’Europa tutta.

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