Massimo Bochicchio, il broker casertano accusato di aver architettato una truffa milionaria a carico di numerosi vip, è morto in un incidente stradale lungo via Salaria, a Roma. L’incidente è avvenuto attorno alle 12 e si sta tentando di ricostruire la dinamica: la moto a bordo della quale viaggiava, una volta finita fuori strada, si è incendiata all’altezza dell’aeroporto dell’Urbe. Bochicchio tra due giorni avrebbe dovuto affrontare l’udienza del processo innescato dalle denunce di 34 persone che gli avevano affidato i loro soldi e che li avevano poi visti sparire. Una cifra, si sospetta, che supera i 70 milioni di euro (cifra che era stata sequestrata) ma che potrebbe essere ancora più alto, visto che numerose persone truffate potrebbero non aver denunciato per evitare di finire sotto i riflettori della Finanza.

Tra le persone ritenute truffate da Bochicchio ci sono diversi personaggi della “Roma bene” del mondo dello sport, da Marcello Lippi a Stephan El Shaarawi fino a Patrice Evra e Antonio Conte. Dopo una fuga durata diversi mesi tra Hong Kong e Singapore, il broker era stato arrestato in un’operazione dell’Interpol a Giacarta ed era agli arresti domiciliari. Domenica mattina era potuto regolarmente uscire grazie a un permesso. In base a quanto emerso dalle indagini, il broker, attraverso due società inglesi a lui stesso riconducibili e prive della necessaria autorizzazione ad operare, avrebbe prestato abusivamente servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio. Gli investitori sono stati attirati, tra l’altro, dalla promessa di rendimenti elevati – a fronte di un profilo di rischio sostanzialmente nullo – e dall’esibizione di documenti attestanti che una di queste società era controllata da una primaria banca internazionale. Dopo le iniziali promesse di rendere indietro quanto investito, l’indagato – secondo quanto emerge dalle denunce – avrebbe interrotto ogni tipo di comunicazione coi clienti, che si sono rivolti all’Autorità giudiziaria.

Nel corso dell’inchiesta erano emerse delle conversazioni tra Marzio Perrelli, “executive vicepresidente di Sky Italia”, e il presidente del Coni Giovanni Malagò, legato a Bochicchio, sugli affari dell’amico broker. Diverse le conversazioni di Malagò – estraneo alla vicenda penale, come Perrelli – annotate dalla Finanza. In una con Daniele Conte, il fratello dell’ex allenatore dell’Inter dice: “Questi soldi dove li ha messi? Lui si può fare 20 anni di carcere? Perché ci sono i falsi, ho tutti i documenti”. Detto ciò invia due foto a Malagò che proverebbero l’utilizzo indebito della carta intestata di Hsbc da parte di Bochicchio. In serata Perrelli chiama Malagò. Il presidente del Coni dice che Bochicchio avrebbe investito i soldi di Conte in un fondo “che non esiste”. E ancora: “Io lo conosco da 40 anni, mi sta molto simpatico ma non mi passa per l’anticamera del cervello (…) non ho investito un euro con lui”. Quindi invia i documenti ritenuti falsi di Hsbc. Perrelli, che aveva lavorato nell’istituto di credito, è laconico: “Se l’è scritta lui”.

In un’altra telefonata, Malagò discute con Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli, “della possibilità che siano coinvolti altri italiani”. Il presidente del Coni e il parente della famiglia Agnelli parlano così di “soldi all’estero non scudati, qualche fondo nero”. Malagò ne parla anche con Augusto Santacatterina, all’epoca capo dell’Ufficio servizio patrimonio della segreteria della Presidenza della Repubblica, e con Renato De Angelis, direttore di chirurgia al San Giovanni Addolorata di Roma. Il 30 agosto, è scritto negli atti, “tale Massimo” al telefono con Malagò spiega il metodo Bochicchio. “Ci ha provato con tutti (…), soggetti che avevano soldi fuori”. E ancora: “Una c’aveva un milione non scudato, quei 100mila euro lasciati fuori dice li do a Bochicchio me li investe e ci guadagno un sacco di rendita”. Fino al 10%, così vantava il manager. Malagò e il suo interlocutore concludono: “Neanche i Casamonica te li danno, il 10% che ti spaccano le gambe sotto casa”.

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