Non amo particolarmente il marchio “Chiara Ferragni” o “Ferragnez” perché sono un modello consumistico; una vittoria del mondo della moda, dell’apparire in un’epoca in cui altri modelli (quelli del volontariato; della politica; della storia; della lotta alla mafia etc) sono scomparsi. Qualche mese fa in viaggio con dei 17enni ho scoperto che non solo non conoscevano Peppino Impastato ma non sapevano nemmeno chi fosse Che Guevara. Il rivoluzionario cubano è ormai roba da boomer o giù di lì. La mia generazione (sono nato nel 1975) è cresciuta con altri “influencer”: molti di noi hanno avuto le loro opinioni influenzate da Gherardo Colombo e Saverio Borrelli con il suo “Resistere! Resistere! Resistere!”; da Impastato grazie al film I cento passi e la canzone dei Modena City Ramblers; da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; da don Luigi Ciotti e don Oreste Benzi; da Gino Strada e Tiziano Terzani; persino da Umberto Bossi o Niki Vendola.

Oggi, in un contesto, dove la scuola, la politica, il terzo settore, il volontariato, hanno perso terreno, è facile per una 35enne, scaltra e probabilmente intelligente (non l’ho mai incontrata per poterlo dire con certezza) conquistare il trono di influencer.

Detto questo, Chiara Ferragni ha ben fatto (sarebbe stato strano il contrario) ad accettare l’invito della senatrice Liliana Segre ad incontrarsi. Conosco Liliana Segre da anni e la mia stima per lei è infinita. Credo che anche lei abbia ben fatto ad invitare Chiara Ferragni a casa sua per parlare di quanto le è accaduto, per raccontarle quanto da anni dice a ogni giovane che incontra. Una sorta di passaggio di testimone tra la senatrice e l’influencer che va letto con attenzione. Liliana Segre ha compreso che oggi, che ci piaccia o meno, per parlare ai giovani non ci resta che rivolgerci a una modella, a una blogger, ad un “marchio” (senza offesa per la giovane imprenditrice).

Ora resta una domanda: come capitalizzerà questo incontro Chiara Ferragni? Resterà una foto post su Instagram con i cuoricini degli ammiratori?
Chiara Ferragni potrebbe organizzare un viaggio al campo di concentramento di Auschwitz: sicuramente molte ragazze e ragazzi finora poco interessati al tema, parteciperebbero. Potrebbe una volta al mese fare da “guida” al memoriale del “Binario 21” oppure andare nelle scuole a parlare di Shoah e Olocausto, ora che la senatrice non lo fa più.

Forza Chiara, ora tocca a lei dimostrarci che oltre all’apparire c’è l’essere. Oltre a una foto c’è una scelta di impegno reale. Oltre ad un marchio c’è una donna che sa fare soldi ma anche cultura.

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