In passato IlFattoquotidiano.it non ha lesinato critiche alla gestione di Ita Airways, alle decisioni e ai comportamenti dei manager e a quelli del governo. Per una società che controlla al 100%, il Tesoro ha scelto di adottare soluzioni che fanno carta straccia di molte misure introdotte nel sistema a tutela dei lavoratori, fornendo un pessimo esempio ad aziende private a cui viene invece chiesto, giustamente, di rispettarle. Di recente la compagnia è tornata sulle prime pagine a causa della vicenda del volo New York – Roma dello scorso 30 aprile. Volo in cui i due piloti potrebbero essersi appisolati contemporaneamente e che, questo è certo, per oltre un’ora non hanno risposto alle chiamate di controllo, causando una messa in preallarme delle aviazioni militari di Francia prima e Italia poi. Il comandante è stato licenziato.

È però interessante anche ricostruire come l’intera vicenda sia arrivata nelle redazioni. Prima di diventare pubblica la notizia e la ricostruzione dell’accaduto è circolata per qualche giorno in ambienti sindacali. Ed è stata poi riportata su diversi quotidiani esattamente nella versione sindacale una volta che “fonti interne” alla compagnia hanno ammesso che il fatto era effettivamente accaduto. I sindacati rimarcavano la pessima organizzazione dei collegamenti da parte della compagnia, con pause troppo strette tra un volo intercontinentale e l’altro, alloggiamento degli equipaggi in “alberghi topaie” in cui è impossibile riposare. “Inevitabile” dunque che, prima o poi, un pilota ceda e si addormenti quando non dovrebbe.

I sindacati hanno anche stigmatizzato la successiva gestione dell’incidente rifacendosi al concetto della just culture, adottata in tutte le compagnie aeree. In sostanza si tratta di un accordo con gli equipaggi per cui qualsiasi problema, inconveniente od errore deve essere immediatamente ed esaustivamente segnalato. In cambio non vengono adottati provvedimenti disciplinari. È un sistema che funziona perché così se qualcosa è andato storto viene subito alla luce e si possono adottare soluzioni per fare in modo che non si ripeta. Il correlato di questo approccio è che se si viene meno a questa “intesa tra gentiluomini” le sanzioni sono severe. I sindacati accusano Ita di aver infranto questo patto licenziando il pilota e gettando così alle ortiche la Just culture, pilastro della sicurezza aerea.

Alcuni piloti esterni ad Alitalia contattati dal Fattoquotidiano.it sono però scettici su questa interpretazione dell’accaduto. In realtà, a quanto pare, a rompere il patto sarebbe stato per primo il pilota che inizialmente ha attribuito la causa del black out comunicativo ad un guasto a a radio e cuffia. Fatto curioso vista la ridondanza di sistemi di comunicazione di cui è dotato un aereo moderno come l’A330 in questione. Stando agli accertamenti sinora svolti non sarebbero però emersi problemi di alcun genere alle apparecchiature. Gli stessi piloti esprimono perplessità anche sul fatto che l’organizzazione dei voli Ita sia più stressante e faticosa rispetto a quella di altre compagnie. Non pare che sia così, è però vero che Ita effettua certe tratte con due piloti (come consentito dai regolamenti) mentre altre compagnie preferiscono aggiungerne un terzo. Pare anche sul volo New York Roma non sia stata gestita in maniera impeccabile la procedura per il “napping” il sonnellino di mezz’ora che i regolamenti internazionali consentono ai piloti, naturalmente uno alla volta e con il resto dell’equipaggio che vigila.

Tutta la vicenda rafforza l’impressione che il ruolo che i sindacati avevano prima in Alitalia sia ora replicato e anzi rafforzato in Ita. I nuovi vertici avevano mandato di cambiare le cose ma hanno ottenuto l’effetto opposto. Il contratto inizialmente proposto da Ita era talmente punitivo in termini di condizioni e retribuzioni che la compagnia si è trovata gravemente a corto di personale. È stata quindi costretta a fare una repentina retromarcia e affidarsi ai sindacati per colmare i buchi di organico offrendo nuove condizioni. A quel punto i sindacati hanno preso la palla al balzo e riempito gli organici con i loro rappresentanti, a danno di piloti e assistenti di volo “fuori dal giro”. Il Ilfattoquotidiano.it aveva documentato l’infornata di sindacalisti ex Alitalia decisa lo scorso dicembre, a soli due mesi dal lancio della nuova compagnia. Esponenti sindacali di primo piano contattati all’epoca avevano smentito di essere tra gli assunti, salvo poi comparire nelle liste. Il che spiega forse anche una certa timidezza nel condannare gli atteggiamenti del presidente Alfredo Altavilla nei confronti degli assunti nella tornata iniziale.

La crisi di Alitalia prima e Ita ora è una storia senza fine, iniziata 40 anni fa. Chi segue da un po’ di anni la cronaca economico finanziaria ha visto Enron, Parmalat, Mps, la Grecia, Lehman Brothers, etc etc. Tutto arriva e passa, Alitalia è sempre lì. Colpa di tutti (dai sindacati ai manager, dagli enti locali ai politici nazionali) e quindi di nessuno. A pagare il conto siamo stati tutti noi che abbiamo sinora versato nelle casse della compagnia circa 13 miliardi di euro. Una cifra che oggi sarebbe sufficiente per comprare Lufthansa e Air France insieme. E invece ci ritroviamo con una “mini compagnia” di 53 aerei (Lufthansa ne conta 350, ndr) di nuovo in vendita. Ita potrebbe finire ora proprio sotto il controllo di Lufthansa oppure di Air France e anche su questo pare che all’interno della compagnia ci siano profonde divisioni che salgono fino ai massimi livelli. Intanto lo Stato provvederà a versare altri 400 milioni di euro per ricapitalizzare la compagnia in vista delle nozze. Perché non si sa con chi ma nozze dovranno essere poiché da sola la compagnia non sta in piedi.

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