Nella attuale crisi di soggetti cinematografici ispirati alla bellezza, il nuovo libro di Alessandro Masi potrebbe configurarsi quale eccellente sceneggiatura per pellicole in grado di arrivare alle fasce meno abituate ai fatti culturali. L’autore segue, con il taccuino del cronista e con lo sguardo del regista, ogni azione dell’artista con una visione di ampio respiro, di quelle che ricordano le ampie vallate nelle quali il pensiero si espande e si conserva per tradurlo in azioni. L’impianto narrativo è di evidente pregio e ricorda tutte le sfumature di un mirabile ingegno che d’improvviso e d’incanto si prende il primo piano dell’inquadratura del suo passaggio terreno in una nuova “prospettiva” artistica e letteraria al tempo stesso.

Coraggioso e rivoluzionario, ebbe l’ardire di scegliersi la propria strada – come sottolinea l’autore, in questa mirabile biografia polifonica che merita di essere contemplata. Infatti, la presente recensione ha solo l’intendimento di un panorama generico in una visuale paesaggistica senza addentrarsi nei molti e minuziosi dettagli sia delle opere, sia degli episodi della vita del Maestro. Con una leggerezza appassionante e una capacità divulgativa Masi ci conduce perfettamente nel “tempo” dell’azione con una particolare sensibilità nell’annotazione di tanti episodi noti, segreti o sospesi che rendono il “quadro” avvincente e integrante. Committenze, attribuzioni con quella consueta aria di mistero che avvolge nelle nebbie dell’arte ogni aspetto connesso, tra luci e ombre e tra certezze e paradossi.

Emerge, dunque, quel messaggio universale di un artista dell’anima e del suo mondo che racchiude immensi microcosmi dietro il sipario dell’epoca che, appena si apre, mostra tutta la propria forza universale contenente l’essenza del Rinascimento. E qui il passaggio tra l’antico e il moderno è sottolineato dalla potenza di figure di ineguagliabile luminosità: Giotto, Francesco e Dante giustamente schematizzati in un triangolo equilatero e portatori di un vento nuovo che avrebbe rivoluzionato l’assetto precedente con una portata umana, artistica e spirituale giunta intatta ai nostri giorni ma destinata all’eternità, attraverso queste voci in grado di suggerire percorsi sicuri da seguire senza alcuna esitazione.

Basterebbe, in questo senso, soffermarsi sul Canto XXI del Purgatorio per comprendere la ragione e il sentimento più profondo che risiede nell’architettura narrativa del volume che si commenta. L’autore riesce, con esemplare chiarezza, a rendere perfettamente l’idea della caducità dei tempi tra gloria e vanagloria, richiamando l’attenzione, anche dantesca, sulla centralità dell’umiltà quale chiave di lettura del comportamento umano. Nessuno possiede le chiavi della perfezione a parte quel Francesco rivoluzionario capace di rinunciare alla ricchezza per la cultura del dono che avrà e ha un valore universale. Nella fiera delle debolezze, delle tentazioni, delle invidie, delle gelosie, l’anima dipinta costituisce quel sentimento di continuo rinnovamento di un autentico Umanesimo precursore della modernità ancora tutta da scoprire nella sua vera natura.

Articolo Precedente

Più di un mese di programmazione e 145 eventi: torna il Campania Teatro Festival (in versione ‘green’). Da Elio Germano a Baricco: il programma

next
Articolo Successivo

C’è del bondage in Donizetti: VoceallOpera trasforma le botte di “Rita” in un gioco erotico. Il palcoscenico? In un cascinale in campagna

next