È dallo scorso 2 giugno che il Regno Unito festeggia il Platinum Jubilee, la celebrazione dei settant’anni del regno della regina Elisabetta. A novantasei anni, la sovrana è la prima nella storia del regno a raggiungere questa pietra miliare.

È dalla sua incoronazione nel 1952, quando aveva venticinque anni, che Elisabetta si dedica concretamente al suo ruolo di sovrana costituzionale. Per la maggior parte delle persone che vivono qui nel Regno Unito, è quasi impossibile immaginare la vita senza la regina Elisabetta.

Durante il suo regno, il paese ha affrontato cambiamenti, crisi e eventi monumentali: il pericolante impero britannico; l’entrata nell’Ue nel 1973 e l’uscita nel 2019; la distruzione delle industrie; la guerre in Afghanistan e Iraq; le riforme sociali che proibiscono la discriminazione di sesso, razza, e sessualità; la legislazione dell’aborto e il matrimonio tra gay; e ultimamente, una pandemia che qui ha ucciso più di 100,000 abitanti.

Il Regno Unito del 1952 era un posto ben diverso dal paese che è ora, che è più liberale, variegato e molto meno fiero. Ma dopo tutti questi anni, Elisabetta resta sempre un enigma, vista ma quasi mai sentita. È una regina rispettata da quattro su cinque nel Regno Unito per il suo risoluto senso del dovere e la sua discrezione totale. Anche chi è invece repubblicano, come il famoso cantante dei Sex Pistols, Johnny Rotten, tende ad avere un distacco rispettoso verso la regina Elisabetta.

L’unico momento in cui fu criticata è stato durante la morte tragica della Principessa Diana Spencer nel 1997, quando Elisabetta non ha dimostrato (in pubblico) di essere commossa. Ma la regina si è difesa dicendo che doveva stare accanto ai suoi piccoli nipoti, William e Harry. Inoltre, si può dire che la serie Netflix The Crown ha controbilanciato la mancanza di dramma proveniente dalla regina stessa.

L’immagine che per me incarna la Regina è quella di Elisabetta che, rispettando le regole contro il Covid, si siede da sola durante il funerale del marito, il Principe Filippo. È un’immagine che condensa le esperienze di tantissime persone che hanno perso i loro cari durante la pandemia, di chi non ha potuto partecipare ai funerali e osservare il lutto come avrebbe voluto. E facendo così, la regina si è comportata semplicemente da capo di Stato responsabile, né di più, né di meno.

Ma sappiamo ora che il nostro rappresentante eletto, il primo ministro Boris Johnson, non ha rispettato le regole che aveva imposto sul paese. Infatti, proprio il giorno prima del funerale di Filippo, c’era una festa chiassosa a Downing Street per l’ex portavoce di Johnson, James Slack.

La polizia ha multato Johnson, altri ministri incluso Rishi Sunak e il personale del Numero 10, per aver partecipato a feste illegali mentre erano in vigore le restrizioni anti-Covid. Dopo la pubblicazione del rapporto della funzionaria Sue Gray, la settimana scorsa, un sondaggio ha rilevato che il 58% degli inglesi vuole che Johnson si dimetta. Per tanti il comportamento di Johnson ha ridotto Downing street ad una baracca di delinquenti che prendono in giro chi invece rispetta la legge. L’ex politico conservatore Rory Stewart ha detto che il comportamento scandaloso di Johnson gli fa ricordare quello di Silvio Berlusconi – un politico che in Inghilterra, non è proprio amato.

E il disincanto verso il Primo Ministro si sente anche tra chi è monarchico: Johnson e sua moglie Carrie hanno ricevuto fischi dal pubblico mentre entravano nella cattedrale di Saint Paul per la messa in onore della regina questo venerdì.

Se l’autorità di Johnson è instabile, anche l’istituzione del Regno Unito vacilla. Nelle ultime elezioni nel Nord Irlanda, il partito che vorrebbe unire il Nord con la repubblica irlandese, Sinn Fein, ha ottenuto la maggioranza dei voti per la prima volta. Nel frattempo, il governo inglese continua ad esacerbare le relazioni con l’Ue con la minaccia di scartare il Northern Ireland Protocol.

Allo stesso tempo, il nazionalismo in Scozia non è morto nel 2014 quando l’SNP (Scottish National Party) ha perso il referendum sull’indipendenza. Nonostante l’inflazione, il leader del governo scozzese, Nicola Sturgeon, ha già investito 20 milioni di sterline per un secondo referendum indipendentista. Per di più, almeno sei delle quattordici nazioni nei Caraibi in cui la regina rimane capo dello Stato, vorrebbero seguire Barbados e diventare repubbliche, staccandosi definitivamente dall’epoca coloniale.

Dunque, dietro le bandiere del Regno Unito, i disegni dei bambini e le feste nelle strade per il Giubileo, c’è la vera possibilità che il Regno Unito diventi ancora più piccolo in un futuro non troppo distante. Tutti i cambiamenti storici che il Regno Unito ha vissuto durante il regno di Elisabetta ci ricordano che noi votanti abbiamo il potere di cambiare il nostro destino. Intanto, siamo grati per una regina senza potere. E siamo grati per i due giorni festivi.

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