Matteo Salvini insiste: tv e giornali stanno censurando i referendum sulla giustizia. E poco importa che sia lui stesso – consapevole del flop annunciato – ad aver evitato di parlarne per settimane intere: durante il consiglio federale di lunedì in via Bellerio, il segretario del Carroccio ha rimediato proclamendo una “mobilitazione generale” in vista del voto del 12 giugno. “Nei prossimi due weekend, il 28-29 maggio e il 4-5 giugno, ci saranno centinaia di gazebo in tutta Italia per informare sui referendum sulla giustizia, visto il silenzio di quasi tutte le tv e di molta stampa”, ha detto. Citando i sondaggi secondo cui “ad oggi si ipotizzano fra i 15 e i 20 milioni di italiani che voteranno. Tanti, ma non bastano”. Al di là della furbizia di usare i numeri assoluti, “tanti” in realtà non sono affatto: 15 milioni di italiani equivalgono a meno del 30% degli elettori, nonostante l’election day con le amministrative, mentre il quorum perché il voto sia valido è del 50% più uno.

I quesiti promossi dalla Lega insieme al Partito radicale quindi sono ad altissimo rischio fallimento. E non da oggi ma da metà febbraio, quando la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati – il più popolare dei sei originari – nonché i due dell’associazione Coscioni su eutanasia e cannabis, che avrebbero garantito l’effetto traino. A fotografare la situazione è l’ultimo sondaggio di Demopolis: solo un elettore su tre è intenzionato a esprimersi (nonostante l’election day con le amministrative) e la maggioranza di loro direbbe no ai due quesiti più sensibili, quello per abolire la legge Severino e quello per impedire di applicare misure cautelari per il rischio di reiterazione dei reati.

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