Quest’anno Wimbledon non vale “nulla”: nessun punto assegnato in classifica, si giocherà solo per la gloria. L’Atp, l’organizzazione che gestisce il circuito mondiale, ha deciso di “punire” l’All England Club che organizza il torneo sull’erba londinese. Eccolo, il risultato dell’esclusione di tennisti russi e bielorussi dalla manifestazione: un autentico disastro politico e sportivo, da cui escono tutti sconfitti, organizzatori, giocatori e tifosi. Lo scorso 20 aprile Wimbledon aveva annunciato il bando per i giocatori russi e bielorussi, creando un vero e proprio caso mondiale: il tennis è una delle poche discipline a non aver escluso gli atleti russi, un po’ per l’organizzazione privata dei tornei, un po’ per la sua forte dimensione individuale, ma Wimbledon aveva riaperto il dibattito. Ora però è arrivata la reazione dell’Association of Tennis Professionals, che regola il circuito.

Spiegando che “la partecipazione degli atleti basata sul merito, senza alcuna discriminazione”, è un principio irrinunciabile per il tour, l’Atp ha stabilito che, se non cambierà la situazione, rimuoverà tutti i punti per il ranking Atp da Wimbledon 2022. E da parte sua l’All England Club non sembra intenzionato a fare passi indietro: ha subito ribadito di ritenere l’esclusione “l’unica decisione possibile”, dal momento che richiedere agli atleti russi di firmare una dichiarazione politica (come a un certo punto era stato ventilato) ne avrebbe messo a rischio l’incolumità, ma non era possibile permettere che “la partecipazione a Wimbledon fosse strumentalizzata a vantaggio del regime” di Vladimir Putin.

Si tratta di una rappresaglia pesantissima, per cui di fatto il torneo più importante e prestigioso al mondo conterà ai fini della classifica meno di un challenger di periferia. Un paradosso sportivo, tanto più che nemmeno il provvedimento dell’Atp è esente da critiche: se infatti Wimbledon non assegnerà nuovi punti (e questo può essere condivisibile, considerando l’assenza forzata dei russi), l’Atp ha però deciso anche di far scadere comunque i punti dell’anno scorso. Il ranking mondiale si basa su un complesso meccanismo in cui ogni giocatore deve “difendere” nello stesso torneo i punti conquistati nella stagione precedente. Così finirà per essere ingiustamente svantaggiato chi era andato bene a Wimbledon l’anno scorso: come il campione uscente Novak Djokovic, o il nostro Matteo Berrettini, protagonista di una storica finale nel 2021, che ora rischia di scivolare fuori dalla Top Ten. A beneficiarne, invece, per ironia della sorte, potrebbe essere proprio il russo Danil Medvedev, che con una combinazione di risultati potrebbe ora diventare numero 1.

Per il tennis è una brutta figura, che rischia di finire in tribunale (come suggerisce anche la minacciosa postilla di Wimbledon, che scrive di voler consultare gli altri Slam, paventando una possibile scissione). Comunque vada, è la conferma di cosa sarebbe potuto succedere in Italia, se davvero il governo Draghi si fosse intromesso, vietando la partecipazione ai tennisti russi. Negli ultimi giorni c’è stato un duro botta e risposta tra Giovanni Malagò e il n. 1 della FederTennis, Angelo Binaghi, che ha accusato il capo del Coni di aver provato a “sabotare” gli Internazionali. Accuse pesanti, che non hanno trovato prove (anzi sono state pure smentite da Palazzo Chigi). Ma certo il caso di Wimbledon dimostra che aveva ragione chi in quei giorni invitava a non prendere decisioni affrettate: con l’esclusione dei russi, anche gli Internazionali sarebbero andati incontro a pesanti ripercussioni, senza per altro avere il prestigio e la forza contrattuale di Wimbledon, ma col pericolo concreto di essere boicottati quest’anno e di finire poi in disgrazia con l’Atp, proprio ora che sta provando a diventare un “mini-Slam” con l’ampliamento del torneo a due settimane (dovrebbe succedere dal 2023). Al Foro Italico è andata meglio così.

Twitter: @lVendemiale

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