Il “recente rafforzamento dei requisiti legati all’accettazione di un posto di lavoro e i legami con la formazione sono uno step benvenuto” nell’ambito della messa a punto del reddito di cittadinanza, ma “per evitare dipendenza dal welfare e disincentivi al lavoro, il meccanismo di ritiro del beneficio in risposta al reddito da lavoro dovrebbe essere graduale“. A scriverlo, nel rapporto periodico sull’Italia, è il Fondo monetario internazionale, che conferma quanto chiesto da tutti gli esperti: ai beneficiari dovrebbe essere consentito il cosiddetto “cumulo parziale” tra lavoro e sussidio. Il Fmi, nel documento, ripete anche come ogni anno che il livello del beneficio “in alcune aree del Paese è elevato rispetto al costo della vita”, anche se il valore medio stando ai dati Inps si attesta intorno ai 550 euro.

Oggi ogni 100 euro guadagnati comportano un’immediata decurtazione di 80 euro del sussidio e l’anno successivo concorrono totalmente al nuovo Isee, determinando spesso la perdita del beneficio. Una prima possibilità di cumulo era stata prevista nella prima legge di Bilancio del governo Draghi e il premier l’aveva anche rivendicato in conferenza stampa. Due settimane dopo si è scoperto che la novità era stata cancellata per problemi di costo.

Quanto al superbonus 110%, “rafforzare i controlli esistenti limiterebbe i rischi di sforamenti di spesa che potrebbero verificarsi a causa della domanda molto elevata”, afferma il fondo. Segue una critica al metodo scelto dal governo per calcolare quella che è stata definitatassa sugli extraprofitti” ma in realtà grava sull’incremento del valore aggiunto: “Per evitare distorsioni involontarie, l’imposta sugli utili inattesi delle società energetiche dovrebbe basarsi sull’intera gamma di elementi che determinano i loro profitti“, dunque non il solo margine imponibile Iva.

Il rapporto mette in evidenza i rischi al ribasso sulla crescita italiana: “Come i suoi partner dell’Ue, l’Italia si trova ora ad affrontare nuove formidabili sfide economiche. La guerra in Ucraina e le interruzioni delle catene di approvvigionamento globali legate al Covid hanno spinto al rialzo i prezzi dell’energia e intensificato la carenza di prodotti chiave. L’Italia potrebbe essere relativamente più colpita a causa della sua elevata dipendenza dall’energia importata dalla Russia”. E “Un inasprimento più brusco delle condizioni finanziarie potrebbe ridurre ulteriormente la crescita” del Paese già minacciata dall’inflazione e della crisi energetica, “aumentare il costo dei finanziamenti, rallentare il ritmo di diminuzione del debito pubblico e indurre le banche a ridimensionare i prestiti”.

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