A sette mesi dalla chiusura delle indagini, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 107 persone, in particolare poliziotti della Penitenziaria e funzionari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap), per le violenze avvenute nell’aprile del 2020 nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere. La richiesta è avvenuta nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup Pasquale D’Angelo; per un altro agente coinvolto è stato richiesto poi il proscioglimento, che si aggiunge ad altre dodici analoghe richieste avanzate dalla Procura alcuni mesi fa (in totale erano 120 gli indagati). Due imputati hanno poi chiesto di poter accedere al rito abbreviato. A dodici imputati è contestato il reato di cooperazione in omicidio colposo relativo alla morte del detenuto algerino Lakimi Hamine, deceduto il 4 maggio 2020 dopo essere stato tenuto per giorni in isolamento.

Le indagini avevano portato a 52 misure cautelari – 8 in carcere, 18 ai domiciliari, tre obblighi di dimora – 23 sospensioni dal lavoro per un periodo dai cinque ai nove mesi. Tortura, lesioni, abuso d’autorità, falso in atto pubblico, calunnia, frode processuale, depistaggio, favoreggiamento, e per 12, appunto, l’omicidio colposo per la morte di Hamine. Proprio per quest’ultimo caso inizialmente la Procura aveva scelto di contestare il reato di “morte come conseguenza di altro reato“, bocciato dal Gip Sergio Enea che la classificò come suicidio. La decisione del Gip è stata però impugnata dalla Procura che ha provveduto a integrare il quadro accusatorio.

Tra i reati ipotizzati spicca quello di tortura, introdotto nel 2017 e contestato a 41 indagati – mai così tanti in un’unica indagine – quasi tutti agenti in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Quel giorno arrivarono anche oltre cento agenti da altri istituti di pena come Secondigliano, inviati dal direttore del Dap Antonio Fullone, i quali non sono stati ancora identificati a causa dei caschi e delle mascherine che indossavano in quella circostanza. In totale i detenuti vittime dei pestaggi sono stati 177, tanto che la Procura, per avvisare tutte le parti offese, ha deciso di ricorrere alla notificazione per pubblici annunci, con deposito dell’avviso di conclusione indagini presso il Comune di Santa Maria Capua Vetere e con la pubblicazione di un estratto sulla Gazzetta Ufficiale.

Dalle indagini della Procura, e dalle immagini dei video interne del carcere inclusi nella mole di atti d’accusa raccolti, è emerso che il 6 aprile del 2020 sarebbero avvenuti veri e propri pestaggi ai danni dei detenuti del Reparto Nilo che il giorno prima avevano protestato barricandosi dopo aver saputo della positività al Covid di un detenuto. Tra le immagini più crude fecero scandalo quelle del detenuto sulla sedia a rotelle picchiato con il manganello, e dei detenuti fatti passare in un corridoio formato da agenti che li prendevano a manganellate, o a calci e pugni.

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