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Patrick Zaki insultato per un tweet sul calcio, un segno della povertà culturale che ci corrode

Patrick Zaki insultato per un tweet sul calcio, un segno della povertà culturale che ci corrode
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Sono pochi, è vero, per fortuna e forse proprio per questo dà ancora più fastidio parlarne. Non meriterebbero nemmeno di essere insultati, eppure dobbiamo prendere atto che tra di noi c’è gente così. Gente capace di scrivere: “Stai parlando troppo” a un ragazzo che da quasi due anni è ridotto al silenzio in un carcere egiziano, senza ancora capire per quale colpa, non è solo idiota è anche terribilmente vigliacca.

Sto parlando dei molti, troppi, post inviati a Patrick Zaki, per avere semplicemente fatto un commento sulla partita Juventus-Bologna. Una semplice frase da tifoso, come se ne sentono (e se ne dicono) tante, una battuta come altre, sono l’essenza del tifo, se non sono offensive. E questa non lo era, ma per dei minus habens, come quelli che lo hanno ricoperto di insulti era già forse troppo noto e purtroppo lo è, non per sua scelta, mentre quei leoni da tastiera si nascondono dietro a identità fasulle, sfogando la loro nullità contro qualcuno che già soffre abbastanza. Ma forse, per certa gente, cosa vuoi che siano ventidue mesi in galera al Cairo, non so quanti processi rinviati, senza mai formulare una vera accusa, in confronto a una presunta lesa maestà della loro squadra?

Lo ripeto, è un episodio marginale, ma è un segno della povertà culturale che comincia a corrodere la nostra società, della completa perdita del senso della misura, e dell’empatia verso chi sta già male e che forse, proprio nella passione per il calcio, riesce a trovare qualche forma di sollievo.

Non sono un moralista e sono juventino, ho sempre preso sul ridere le tante accuse di furto di partite e di scudetti, perché credo che la passione viva anche di sfottò e di presa in giro reciproca. Un sano agonismo verbale, rende più divertenti le discussioni del giorno dopo, ma quando diventa astio, razzismo o completa mancanza di rispetto, allora bisogna smettere.

Patrick, vorrei dirti che non sanno quello che fanno (semmai a perdonarli ci penserai tu), ma credo invece, che lo sappiano benissimo e allora a condannarli dobbiamo essere tutti noi.

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