Lo avevano annunciato e lo hanno fatto davvero. A quanto scrive Repubblica, gli attivisti dissidenti di Napoli hanno impugnato anche gli esiti delle due assemblee convocate dal Movimento 5 Stelle a marzo per confermare – rispettivamente – il nuovo statuto e la leadership di Giuseppe Conte dopo l’ordinanza che aveva sospeso in via cautelare le delibere di agosto. Il nuovo ricorso è firmato non più da tre ma da otto persone, assistite ancora una volta dall’avvocato Lorenzo Borrè, e contesta la stessa violazione del precedente: il fatto che gli iscritti da meno di sei mesi siano stati esclusi dall’assemblea in assenza di un valido “regolamento adottato dal Comitato di garanzia su proposta del Comitato direttivo”, come prescriveva il vecchio statuto. L’atto di citazione è stato spedito venerdì sera e sarà notificato a Conte tra lunedì e martedì: il foro prescelto è sempre quello napoletano, già contestato dai legali del Movimento che sostengono invece la competenza di Roma.

Dopo il terremoto giudiziario, la dirigenza M5S aveva scelto di riconvocare l’assemblea invalidata escludendo ancora una volta gli iscritti di meno di sei mesi. Lo aveva fatto sulla base di quello che – a suo parere – era un regolamento valido ed efficace, cioè uno scambio di mail dell’8 novembre 2018 tra Luigi Di Maio (allora capo politico, l’organo antecedente al Comitato direttivo) e Vito Crimi (allora presidente del Comitato di garanzia) in cui il primo proponeva di limitare il voto agli iscritti da più tempo e il secondo dava il proprio ok. Gli attivisti “ribelli” però hanno contestato fin dall’inizio la validità delll’atto: “Due mail non fanno un regolamento“, è il mantra dell’avvocato Borrè. Se un giudice darà loro ragione – mentre ancora si attende la decisione di merito sulla “vecchia” causa – anche le nuove delibere rischiano di essere invalidate, trascinando il M5S in un calvario giudiziario senza una fine prevedibile.

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