Per Sergej Karaganov, ex consigliere di Putin, quella in Ucraina è una guerra contro l’Occidente. Intervistato dal Corriere della Sera, il capo del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca ha spiegato che il conflitto era a suo avviso inevitabile perché l’Ucraina “è stata riempita di armi e le sue truppe sono state addestrate dalla Nato, il loro esercito è diventato sempre più forte”. Inoltre, stando alle sue parole, c’è stato “un rapido aumento del sentimento neonazista in quel Paese. L’Ucraina stava diventando come la Germania intorno al 1936-‘37“. La versione di uno degli uomini più ascoltati da Putin è quella che Mosca continua a propagandare dall’inizio del conflitto, da un lato negando massacri e dall’altro addossando alla Nato le mosse che hanno portato all’invasione dell’Ucraina.

Ammette che il suo Paese ha colpito per primo, ma lo ha fatto “prima che la minaccia (ucraina, ndr) diventasse ancora più letale”. Una “guerra esistenziale” che per l’autore della ‘dottrina Putin‘ ha provocato – e tuttora provoca – non solo morti, ma la perdita della “superiorità morale” dei russi: “Ora siamo sullo stesso terreno dell’Occidente. L’Occidente ha scatenato diverse aggressioni. Ora siamo sullo stesso terreno morale. Ora siamo uguali, stiamo facendo più o meno come voi“. Inutile far riferimento ai tentativi diplomatici che avrebbero potuto far desistere la Russia dall’invadere il paese confinante: “Dagli occidentali abbiamo avuto promesse di tutti i tipi in questi trent’anni. Ma ci hanno mentito o le hanno dimenticate”.

L’unico grande errore commesso dalla Russia, nella visione di Karaganov, fu accettare nel 1997 il ‘Founding Treaty‘ sulle relazioni Russia-Nato, che prevedeva l’allargamento dell’Alleanza Atlantica. “Firmammo perché eravamo disperatamente poveri, al collasso – afferma – ma questo allargamento è quello di un’alleanza aggressiva. È un cancro e noi volevamo fermare questa metastasi. Dobbiamo farlo, con un’operazione chirurgica”.

A suo avviso, “le uccisioni di massa in Kosovo (contro i serbi, ndr) sono avvenuti dopo lo stupro della Serbia. Fu un’aggressione indicibile. E il processo a Milosevic è stato un triste e umiliante spettacolo di meschinità europea“. Oltretutto, il dittatore serbo fu giudicato dal Tribunale penale internazionale, il cui diritto non è riconosciuto dalla Russia, come l’ordine europeo emerso dopo la caduta del muro di Berlino: “Non dobbiamo riconoscere un ordine costruito contro la Russia. Abbiamo cercato di integrarci, ma era una Versailles 2.0. Dovevamo distruggere quest’ordine. Non con la forza, ma attraverso una distruzione costruttiva rifiutando di parteciparvi. Ma quando la nostra ultima richiesta di fermare la Nato è stata respinta, si è deciso di usare la forza”.

Sull’obiettivo della guerra in Ucraina, il capo del Consiglio di politica estera e della difesa ha le idee chiare: “La maggior parte delle istituzioni sono, secondo noi, unilaterali e illegittime. Minacciano la Russia e l’Europa orientale. Noi volevamo una pace giusta, ma l’avidità e la stupidità degli americani e la miopia degli europei ci hanno rivelato che questi attori non la vogliono. Dobbiamo correggere i loro errori“. Ascoltando le sue parole, la possibilità che il conflitto possa allargarsi e coinvolgere anche altri Paesi non è da escludere del tutto, perché “se va avanti così, gli obiettivi in Europa potrebbero essere colpiti o lo saranno per interrompere le linee di comunicazione”.

Un’ipotesi, quest’ultima, che non considera i recenti fallimenti dell’esercito russo, come il ritiro delle truppe dalla capitale ucraina. “E se l’operazione su Kiev avesse lo scopo di distrarre le forze ucraine dal teatro principale a sud e sud-est? – domanda retoricamente – Tra l’altro le truppe russe sono state molto attente a non colpire obiettivi civili, abbiamo usato solo il 30-35% delle armi”. I massacri avvenuti negli scorsi giorni e documentati dai media internazionali non fanno testo, nella visione di Mosca: “La storia di Bucha è una messinscena, una provocazione”.

Karagarov ignora le prove. Ma ignora anche le risorse e le persone perse in 44 giorni di guerra: i russi sonopronti a sacrificare tutto ciò per costruire un sistema internazionale più vitale. Vogliamo costruire un sistema internazionale più giusto e sostenibile. Diverso da quello emerso dopo il crollo dell’Unione Sovietica e che, a sua volta, ora sta crollando. Ora ci stiamo tutti fondendo nel caos. Vorremmo costruire la Fortezza Russia per difenderci da questo caos, anche se per questo diventeremo più poveri”. Per evitare tutto ciò, per ottenere un cessate il fuoco, “l’Ucraina deve diventare neutrale e completamente demilitarizzata: niente armi pesanti, qualsiasi parte dell’Ucraina rimanga. Ciò dovrebbe essere garantito da potenze esterne, compresa la Russia, e nessuna esercitazione militare dovrebbe aver luogo nel paese se uno dei garanti è contrario. L’Ucraina dovrebbe essere un cuscinetto pacifico”.

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