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Patrick Zaki, oggi la nuova udienza: rinvio al 21 giugno. E lui denuncia: “I miei social sotto attacco hacker”

In mattinata si è tenuta infatti la nuova udienza nel tribunale del processo che lo vede imputato da ormai oltre due anni per diffusione di notizie false ai danni dell’Egitto
Patrick Zaki, oggi la nuova udienza: rinvio al 21 giugno. E lui denuncia: “I miei social sotto attacco hacker”
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È stato aggiornato al 21 giugno il processo a carico di Patrick Zaki in corso a Mansoura come riporta l’Ansa. Lo studente sperava che quello di oggi potesse diventare il giorno della svolta, di una nuova definitiva libertà. In mattinata si è tenuta infatti la nuova udienza nel tribunale del processo che lo vede imputato da ormai oltre due anni per diffusione di notizie false ai danni dell’Egitto.

Lui stesso, nei giorni scorsi, aveva dichiarato ai media di non aspettarsi un’assoluzione immediata, bensì un nuovo aggiornamento che prolungherebbe l’attesa della liberazione per lo studente egiziano dell’università di Bologna. Più cauto il suo avvocato, Hoda Nasrallah, che ha invece dichiaratamente smesso di formulare previsioni. Ma proprio nelle ore che avevano preceduto l’udienza, era arrivata la denuncia del giovane: dalla scorsa notte “sto affrontando un enorme attacco informatico sui miei account di posta elettronica e social media – ha scritto stamattina su Twitter – Che buon inizio”.

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Lo studente ha fornito poi ulteriori dettagli di ciò che sta accadendo ai suoi profili social: “Forse dopo mezzanotte ho visto che molte persone stavano tentando di entrare nei miei account Facebook, Twitter ed email. Non so perché”, ha detto parlando a giornalisti davanti al Palazzo di Giustizia di Mansura. “Che cosa volessero non lo so, sembrava un hackeraggio”, anche se “non so chi c’era dietro”.

L’attivista per i diritti umani e civili è stato scarcerato avvenuta l’8 dicembre e arrivata al termine di 22 mesi di custodia cautelare, anche se non può tornare in Italia, dove vorrebbe proseguire i suoi studi. Su di lui pende un’accusa che potrebbe portare a una pena fino ad altri cinque anni di carcere per aver scritto un articolo su alcuni casi di discriminazione di cristiani copti che configurerebbe il reato di “diffusione di notizie false” ai anni dell’Egitto.

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