Negli ultimi quattro mesi l’Agenzia per la sicurezza interna, i servizi di sicurezza libici basati a Tripoli, ha avviato una vasta campagna repressiva col dichiarato scopo di proteggere “i valori libici e islamici”. Ne hanno fatto le spese molti giovani, costretti a “confessare” in video di aver propagato il “disprezzo per l’Islam” e aver avuto contatti con organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International.

Le persone arrestate sono state inizialmente trattenute nel quartier generale dell’Agenzia per la sicurezza interna e poi trasferite nelle prigioni di al-Jadida e di Mitiga, quest’ultima diretta dalla milizia denominata “Apparato di deterrenza per combattere il crimine organizzato e il terrorismo”, nota per compiere omicidi, sparizioni e torture nella più completa impunità.

Le prime “confessioni” in video hanno iniziato a circolare a dicembre: sette degli arrestati hanno dichiarato, in evidente stato di coercizione e senza che fossero presenti avvocati, di essere in contatto con atei, agnostici, laici, femministe, lesbiche e gay.

L’Agenzia per la sicurezza interna ha corredato le “confessioni” con comunicati stampa in cui si congratulava con se stessa poiché stava combattendo contro comportamenti “immorali” e opposti ai “valori libici e islamici” che hanno l’obiettivo di diffondere l’ateismo, invogliare i giovani a viaggiare all’estero e promuovere pratiche sessuali “non ortodosse” in nome della libertà.

Molte delle persone citate nelle “confessioni” – tra cui attivisti della diaspora e giornalisti che vivono in Libia – e delle quali l’Agenzia per la sicurezza interna ha reso noti nomi, cognomi e volti, sono state costrette a nascondersi dopo aver ricevuto minacce di morte o essere state accusate, tramite i social media, di “danneggiare la moralità della Libia”.

In altri comunicati stampa, l’Agenzia per la sicurezza interna ha messo in guardia dall’influenza “immorale” esercitata dalle organizzazioni internazionali, accusate di voler sfruttare la gioventù libica attraverso la diffusione di “falsi ideali”.

Il 13 marzo, a seguito delle minacce ricevute dall’Agenzia per la sicurezza interna, l’associazione Tanweer, che si batte per i diritti delle donne e delle persone Lgbti, ha annunciato la sua chiusura.

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