Come ogni anno migliaia di famiglie si trovano ad attendere con pazienza e sacrificio l’arrivo, la distribuzione e l’erogazione del contributo alla disabilità gravissima. Mai come negli ultimi anni questo contributo svolazza sulla testa delle famiglie schiaffeggiando gli utenti al ritmo del vento prodotto dal potere di turno.

Tanti piccoli comuni alle porte di Roma, ad esempio, impongono alle famiglie di scegliere tra assegno di cura e contributo alla disabilità gravissima ignorando le forme di assistenza. Sarebbe opportuno iniziare a chiedere di accedere a questi atti e verificare esattamente di cosa si parla e del vero motivo per cui si sceglie di non garantire le famiglie con i diritti che sono stati già riconosciuti loro da normative nazionali.

Leggo moduli in cui si deve scegliere se ottenere il contributo attraverso l’assegno di cura o l’assegno per il caregiver, perché se ne occupa lui/lei. Nessuno spiega che questi contributi sono compatibili con l’assistenza domiciliare diretta, indiretta o mista. Perché? Chi può rispondermi? Ma che razza di manipolazione normativa è questa? Ne ho lette troppe e questi Comuni dovranno delle spiegazioni serie e concise nel merito di questa discriminazione.

Dove questo problema non si è creato, come nel Comune di Roma, ogni anno si scatena la gara del Municipio per ottenere il pagamento. Esistono gruppi Facebook dove si compie la giostra del municipio più bravo veloce: parliamo di pace nel mondo e scateniamo tifoserie tra municipi sulla erogazione di aiuti vitali a disabili gravissimi.

Nessuno prova almeno un pochino di imbarazzo a farsi vedere in giro nei luoghi del potere del popolo. Il popolo siamo anche noi famiglie disabili. Forse è bene ricordarlo. Sorridono anche mentre i disabili gravissimi non possono affrontare cure, spese, assistenza, e devono anticipare ciò che non hanno. E devono mettere in piazza oltre la loro necessità anche la loro dignità.

Non basta non avere trasporto, turismo realmente accessibile, inclusione reale, ospedali organizzati per tutti, servizi fruibile per l’autonomia, percorsi seri e concreti di costruzione delle autonomie. Non basta. Dobbiamo umiliare e discriminare fino in fondo tardando di ben 4 mesi contributi che sono spessissimo il sostentamento di base e pagati da chi?? Diciamo la verità chiara e netta sotto gli occhi di tutti: inclusione mancata, diritti inevasi, discriminazione protratta e mai perseguita e condannata.

Questa è la triste realtà che dobbiamo sconfiggere.

Servizi concessi come fosse una cortesia, inclusione raccontata come un capitolo di una avvincente telenovela ma poi la realtà rimane nascosta nelle centinaia di mail, di messaggi, di grida disperate che chi opera seriamente nel terzo settore conosce molto bene. Ogni singolo responsabile di questi ritardi, che devono essere risarciti per il danno che creano, deve assumersi la responsabilità delle conseguenze che questo comporta.

Terapie sospese, badanti non confermati, ogni genere di disagio che si somma ad una condizione di per sé di estrema gravità rimane nel silenzio degli aventi diritto che stremati dalla necessità sono anche privati delle energie per ribellarsi, per protestare e manifestare e moltissimi di loro non sono neanche nelle condizioni di farlo. E questo mi fa arrabbiare più di tutto il resto. Questa è la discriminazione più violenta, brutale e terribile. Si infligge un danno ennesimo chi non può fendersi.

Ma questi dirigenti non si sentono un pochino incapaci, limitati, colpevoli, inadeguati per non riuscire a garantire la fascia più debole e fragile della comunità? Si ricordano che siamo tutti potenzialmente facente pare di un pezzo di fragilità? Ricordano la Costituzione?

Abbiamo previsto in tempo una bellissima schermata per richiedere la disability card e ghettizzare meglio partendo dalla compilazione del modulo che non tiene conto di chi non è capace e deve affidarsi ad altri fornendo Spid e credenziali. Lì siamo stati velocissimi e chissà quanto costerà stampare queste meravigliose card: un bonifico invece richiede mesi. Il controsenso più assoluto. Lo specchio della realtà: apparenza e forma ma raramente sostanza.

Paghiamo i gravissimi che non possono resistere ogni volta a questa giostra della tortura psicologica e dello strazio penoso del non avere risorse per la propria condizione di vita. Voglio credere che riusciremo ad organizzarci e far partire subito tutti i municipi evitando la gara dei soliti bravi a capo e gli altri territori fanalino di coda che da dietro prendono in giro l’utente fragile che vive nel luogo sbagliato o nella terra di nessuno o dove il disabile è ancora un peso.

Perché poi quel cittadino decide che è stanco. E da quei gruppi crea un gruppo più grande e si difende e chiede di essere risarcito. E vince. Perché è disabile gravissimo non cretino. E’ bene ricordare anche questo.

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