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Pegasus, il Marocco continua a spiare chi si occupa di diritti umani

Pegasus, il Marocco continua a spiare chi si occupa di diritti umani
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Nonostante le ripetute smentite da parte del governo, continuano ad emergere prove sull’uso dello spyware Pegasus ai danni di chi si occupa di diritti umani in Marocco e nel Sahara Occidentale. L’ultima scoperta riguarda la difensora dei diritti umani sahrawi Aminatou Haidar, due telefoni della quale sono stati infettati da Pegasus.

Haidar è una delle più prestigiose figure del movimento per i diritti umani del Sahara Occidentale. Il suo ruolo è stato riconosciuto, a livello internazionale, da importanti premi come quello alla memoria di Robert F. Kennedy. Dopo aver ricevuto messaggi da Apple che l’avvisavano che i suoi telefoni potevano essere stati presi di mira, Haidar si è rivolta alla Right Livelihood Foundation, che l’aveva premiata nel 2019 per il suo impegno in favore dei diritti umani. Questa fondazione l’ha messa in contatto con Amnesty International, i cui esperti hanno trovato varie tracce di Pegasus: le prime, risalenti addirittura al settembre 2018, le ultime a ottobre e novembre del 2021.

Quello di Haidar non è un caso isolato, è semplicemente l’ultimo.

Amnesty International ha denunciato altri casi di spionaggio attraverso “Pegasus” nei confronti di attivisti e giornalisti impegnati nella difesa dei diritti umani in Marocco e nel Sahara Occidentale: Maati Konjib e Abdessadak El Bouchattaoui nel 2019, Omar Radi nel 2020 e, nel 2021, Hicham Mansouri e Claude Mangin, quest’ultima moglie del prigioniero sahrawi Naama Asfari.

Il fatto che dalle prime verifiche sull’uso di Pegasus in Marocco alla vicenda di Haidar siano passati alcuni anni significa chiaramente che il produttore dello spyware, l’azienda israeliana NSO Group, non ha fatto nulla per impedire che uno dei suoi fiori all’occhiello continuasse a essere usato dagli acquirenti per violare i diritti umani.

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