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Umberto Tozzi compie 70 anni: “Il successo delle mie canzoni? Ci sono frasi che stanno lì perché boh, per me vale più il suono della parola”

Sta per compiere 70 anni e si è raccontato in una intervista al Corriere della Sera: "Come nasce una canzone? Tutto il talento sta nel buttare giù tre accordi forti. Dopo, è matematica, la conseguenza logica di tre che accordi devono quadrare..."

di F. Q.

Umberto Tozzi intervistato da Candida Morvillo sul Corriere della Sera regala alcune delle sue “perle” (le interviste del cantautore sono sempre godibilissime). Il cantautore sta per compiere 70 anni, ha venduto 80 milioni di dischi. Inutile ricordare i brani del suo repertorio scelti come colonne sonore in film e serie tv, o il successo avuto in tutto il mondo. Vale la pena però leggere come lo spiega lui, questo successo: “Forse perché ascoltavo i Beatles e la musica anglosassone e ho assorbito quella metrica. Per me, vale più il suono che la parola, ci sono frasi che stanno lì perché boh, ma suonano. Fui il primo a farlo e Lucio Battisti disse che, dopo di lui, l’unica cosa nuova era la mia musica”. Diretto e senza infiocchettare ma ben consapevole: “Ho fatto tournée ovunque nel mondo, eccetto in Oriente: sono stato in aereo più io che un pilota di Alitalia. E ho vissuto l’emozione di vedere grandi artisti cantare i miei brani, come Laura Branigan con la cover di Gloria. E cantare Ti amo con Anastasia mi ha fatto quasi piangere“. Festeggiamento previsto con un “tour quest’inverno nei teatri delle grandi città, fra cui, Torino, Milano e Roma”. Tornando alle risposte ‘perfette di Tozzi’, non manca quella alla domanda ‘come nasce una canzone?’: “Tutto il talento sta nel buttare giù tre accordi forti. Dopo, è matematica, la conseguenza logica di tre che accordi devono quadrare. In matematica sono scarso, ma sulla musica ho un istinto naturale, scrivo una canzone in massimo tre ore. Poi, dopo, la miglioro, ma non sono uno che passa mesi in studio. Sono anche pigro. Anni fa, dovevo scrivere con Mogol. Mi disse: però io non lavoro più di due ore al giorno. E io: io pure meno!”.

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