I medici dicono basta: “Carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e non ultimo il mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per Covid”. Con queste motivazioni le organizzazioni sindacali Smi e Simet hanno indetto lo sciopero per tutti i medici dell’area convenzionata, con la chiusura degli ambulatori l’1 e 2 marzo e hanno convocato una manifestazione a Roma il 2 marzo dalle ore 9 al ministero della Salute. Una protesta che arriva dopo due anni di pandemia, durante i quali i medici hanno combattuto il Covid in prima linea, ma hanno anche denunciato i turni massacranti, la mancanza di personale e le altre carenze strutturali della sanità pubblica. Al termine della quarta ondata, nulla è cambiato: “Il malessere della categoria è palpabile – spiega la nota dei sindacati – il nostro sciopero, in definitiva, ha lo scopo di salvare i medici per salvare il Servizio Sanitario Pubblico“. Al malessere per le condizioni di lavoro si sono aggiunte la rabbia e la frustrazione per la mancata approvazione da parte del Senato del provvedimento che prevedeva i ristori per le famiglie dei 369 medici morti di Covid. “Uno schiaffo, da parte dello Stato, soprattutto agli orfani di quei medici”, commentano i sindacati.

“Scioperiamo – continuano le due sigle – perché rivendichiamo, come tutti gli altri lavoratori, tutele concrete quali ferie, maternità, malattia“. Come raccontato da ilfattoquotidiano.it, a fine 2021 il personale attivo in area medica aveva accumulato oltre 5 milioni di giornate di ferie arretrate e 10 milioni di straordinario, stando a un sondaggio realizzato da Anaao-Assomed. Inoltre, “reclamiamo tutele certe in materie di sostegno ad handicap e sostituzioni per poter fruire del meritato riposo, nonché politiche serie sulle pari opportunità“. Un punto su cui Smi (sindacato medici italiani) e Simet (sindacato italiano medici del territorio) si soffermano: “In questa pandemia, che ha travolto il mondo – scrivono – sono le donne medico che hanno pagato il prezzo più alto. Il diritto al lavoro si deve coniugare al diritto alla vita familiare e personale“. Come medici, si legge ancora nella nota, “vogliamo riappropriarci del nostro ruolo e della nostra dignità professionale per poter curare al meglio i pazienti che a noi si sono affidati. In questo senso siamo impegnati a garantire a tutti i cittadini parità di accesso e immediate risposte in rapporto ad uguali bisogni di salute”.

“Scioperiamo – prosegue il comunicato – perché vi è la necessità che vi siano più medici sul territorio: ad oggi nel nostro Paese sono più di tre milioni i cittadini senza medico di famiglia“. È uno di quei fronti che erano emersi già durante la prima ondata, quando – come denunciato da ilfattoquotidiano.it – il Covid aveva travolto quella che doveva essere la prima trincea contro la diffusione del contagio. Prima isolata e impoverita, poi invocata per arginare future tragedie, la medicina territoriale non ha funzionato perché i medici di famiglia sono stati lasciati soli senza protezioni e con pochi poteri, così come gli operatori dell’assistenza domiciliare.

La carenza di personale, come denunciano ancora i sindacati, è diffusa: “Le postazioni di guardia medica o vengono chiuse o accorpate“, mentre “le ambulanze del 118 sono senza medico a bordo”. “Vogliamo che i giovani medici siano attratti da questa professione, che oggi disertano al pari dei vecchi che si prepensionano – scrivono le due sigle – È ormai ineludibile l’istituzione di un corso di specializzazione in medicina generale“. Sono gli effetti di un modello che – soprattutto in alcune Regioni – ha messo al centro le eccellenze degli ospedali, aperto ai privati sullo stesso piano del pubblico. “Vogliamo dire basta alla strisciante privatizzazione della medicina generale. Il nostro sciopero, in definitiva, ha lo scopo di salvare i medici per salvare il Servizio Sanitario Pubblico. Chiediamo ai cittadini di essere al nostro fianco“, concludono i sindacati.

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