“È forte e fondata” la preoccupazione che la riforma del Consiglio superiore della magistratura “non potrà essere varata in tempo utile” per il rinnovo dell’organo, previsto a luglio prossimo. È l'”allarme” che il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, ha voluto “rinnovare” all’apertura dei lavori del Comitato direttivo centrale, riunito a Roma due giorni dopo l’appello del capo dello Stato affinché “le riforme annunciate” in tema di giustizia “giungano con immediatezza a compimento”. E “quella forse più importante”, dice Santalucia ai colleghi, “certo quella più attesa, tarda a vedere la luce“. Ma specifica che “a dispetto di qualche malevola voce, indifferente alla realtà e affezionata ai pregiudizi”, nessuno dentro l’Anm “ha brigato e briga per il mantenimento dello status quo. Tutti abbiamo coscienza che il quadro normativo debba mutare, tutti sappiamo che sarebbe pernicioso affidare la nuova composizione del Csm ai medesimi meccanismi elettorali che hanno segnato periodi non felici dell’istituzione“. Il riferimento è all’ultima consiliatura, funestata dallo scandalo nomine che ha portato alle dimissioni di ben sei consiglieri togati.

“Ma cosa può fare l’Anm – dice il presidente – più che chiedere, sollecitare, insistere, cercando di contribuire alla discussione pubblica sulla necessità delle riforme? Null’altro che richiamare ancora una volta, sperando di non esser già fuori tempo massimo, l’attenzione della politica tutta sulla impellenza di un nuovo assetto normativo, che non sarà, come solitamente si dice, la panacea di ogni male, ma che certo non può mancare in un disegno di ripresa che abbia a cuore l’istituzione giudiziaria. E dovremo ricordare alla politica – avverte – che anche il non agire, il rimanere inerti, il far passare invano il tempo equivale, in situazioni di conclamata inadeguatezza del quadro di regole normative, all’assunzione di una pesante responsabilità, a cui la magistratura resta estranea e di cui potrà solo patire le negative ricadute”.

Santalucia ha richiamato anche i risultati del referendum indetto il 27 e 28 gennaio tra gli iscritti all’associazione, in cui si chiedeva di esprimersi sul tipo di sistema elettorale per i membri togati del Csm (proporzionale o maggioritario) e sull’ipotesi di un “sorteggio temperato“, cioè l’estrazione di un multiplo dei consiglieri da eleggere. Il primo quesito ha visto prevalere di gran lunga il proporzionale (mentre l’ipotesi messa in campo dalla ministra Marta Cartabia prevede un maggioritario binominale), mentre nel secondo i magistrati che si sono espressi a favore del sorteggio sono stati oltre il 40%, nonostante quasi tutte le correnti si dichiarino contrarie. Un dato che Santalucia prova a ridimensionare: “L’esito della consultazione referendaria avrebbe dovuto essere ben altro per abbracciare il sistema del sorteggio, probabilmente incompatibile con il dettato costituzionale e sicuramente estraneo ai lavori dell’Assemblea costituente”. Mentre nella propria relazione il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro avverte: “Il sorteggio non ha sfondato, certo, ma ha ottenuto consensi largamente superiori a quelli della componente, Articolo 101, che tradizionalmente ne ha fatto il suo manifesto identitario. Quasi il 42% dei votanti è per il sorteggio e ciò deve far riflettere“.

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