Sono arrivati i risultati del referendum dei magistrati per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura. Un tema oramai in discussione da due anni dopo gli scandali e le indagini sulle manovre per pilotare le nomine dei procuratori che sono sfociati nel caso Palamara. Quasi la metà degli iscritti all’Associazione nazionale dei magistrati si esprime a favore del sorteggio, su cui invece sono ufficialmente contrarie tutte le correnti (esclusa Art. 101). Il risultato finale però è quello che ha visto prevalere il no. Viene bocciato a enorme maggioranza il sistema elettorale maggioritario per il Csm, un sistema su cui starebbe ragionando la ministra della Giustizia, Marta Cartabia in vista della riforma.

Due i quesiti sul sistema elettorale per il Csm ai quali sono stati chiamati a rispondere i magistrati italiani. Il referendum interno, indetto dall’Anm, ha chiesto agli iscritti se vogliano che “i candidati al Csm siano scelti mediante sorteggio di un multiplo dei componenti da eleggere” e se per l’elezione della componente togata si ritenga preferibile un sistema a ispirazione maggioritaria o proporzionale, si è concluso con il no al primo quesito e la preferenza al sistema elettorale ad ispirazione proporzionale. Il voto si è svolto online, su una piattaforma digitale, ed era a scrutinio segreto. Al primo quesito ha risposto il 54,31 %. Il numero totale degli elettori era 7872, i votanti sono stati 4275. I no sono stati 2470 e i sì 1787, dei restanti 18 voti non è stato comunicato nulla. Per il secondo scrutinio sempre lo stesso numero di votanti, ma hanno votato 4091 aventi diritto. L’affluenza è stata inferiore e pari al 51,97 %. La proposta di un sistema a ispirazione proporzionale ha ricevuto 3189 preferenze, quella a ispirazione maggioritaria 745.

La nuova legge elettorale per Palazzo dei Marescialli, secondo alcuni addetti ai lavori, ha come effetto quello di rafforzare le correnti. Un risultato completamente opposto a quello che in teoria dovrebbe essere raggiunto le modifiche da attuare. L’ipotesi, circolata nelle settimane precedenti, è che il governo vorrebbe modificare l’attuale sistema elettorale per il Csm in questo modo: al posto di un unico collegio nazionale ci sarebbero sette collegi più piccoli. Uno sarebbe riservato ai giudici di legittimità, due per i pubblici ministeri, quattro per i giudici. Il numero dei consiglieri togati sarebbe invariato: quindi per coprire 16 seggi ogni collegio elegge i due candidati più votati con preferenza unica. Gli altri due posti vengono scelti tra i migliori terzi classificati. Un meccanismo che aveva provocato la reazione di Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, consiglieri togati eletti con Autonomia e Indipendenza a Palazzo dei Marescialli. “La nuova legge elettorale per la elezione del Csm prevederebbe un sistema binominale con piccoli collegi. Questo farà sparire ogni possibile opposizione allo strapotere delle correnti che sottometteranno definitivamente i magistrati liberi che sono la maggioranza. Sarebbe il trionfo del correntismo e del bipolarismo che provocherà ulteriori spaccature e conflitti“.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche i magistrati di Articolo 101, il gruppo nato in polemica con le correnti della magistratura. “Se dovesse essere confermato questo meccanismo di designazione è improbabile che si possa ottenere l’elezione di candidati non designati da correnti e dunque fuori da certe dinamiche – aveva dichiarato Andrea Reale, componente dell’Anm di Articolo 101 – Posso dire che se con una norma simile non solo non si debella il correntismo ma anzi si mortificano le istanze di tutti i magistrati che non vogliono appartenere ad alcun gruppo”.

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