Spinto poderosamente dallo spettacolo andato in scena nella seconda metà di gennaio, il tema dell’elezione diretta del presidente della Repubblica è già entrato nell’agenda pubblica. E, c’è da stare certi, vi resterà ancora nel futuro. Però alcune cose bisogna pur dirle, al proposito, in un paese come il nostro dove un unico proprietario detiene il semi-monopolio della tv privata.

Oltre ai necessari aggiustamenti istituzionali ed elettorali, come hanno fatto notare già in molti, ci sarebbero da aggiungere, non è secondario, un paio di fondamentali cosette dimenticate che si chiamano legge sul conflitto di interessi e legge sul sistema tv. Perché se si vuole far eleggere direttamente dai cittadini, o dal ‘popolo’ secondo vulgata, il Presidente della Repubblica, allora non basta sistemare l’equilibrio dei poteri tra le istituzioni e nemmeno una nuova legge elettorale. E’ vitale mettere mano anche a quelle riforme in passato non fatte, per ignavia, incapacità politica o inciucio, e che riguardano il Cavaliere e le sue aziende: insomma quell’impero mediatico in un solo paese che non ha eguali negli stati democratici di tutto il mondo. Una potenza di fuoco che potrebbe fare e disfare a piacimento un Presidente.

Né Amato, neopresidente della Corte, intervenuto di recente sul tema, né altri hanno sfiorato la questione, che ahinoi è lì da oltre trent’anni ad inquinare il dibattito pubblico e la politica. A meno che non si pensi che l’avvento dei social e lo sviluppo del web abbiano reso anacronistico ed obsoleto l’argomento, ripreso solo da qualche nostalgico osservatore magari un po’ retrò, rendendo marginale la forza della televisione. Non è così. Come dimostra la ricerca mediologica anche recente la tv rimane ancora, più di ogni altra, la fonte dalla quale le persone ricevono le informazioni. E ciò accade nonostante il web e i social abbiano avuto negli ultimi dieci anni una straordinaria diffusione: questi ultimi però oltre a non insidiare il primato della tv per la generalità dei cittadini, spesso rimettono in circolo, riprendono o rilanciano quanto va in onda sul piccolo schermo.

Mediaset possiede tre reti generaliste, 12 speciali più le pay tv: stiamo parlando, escluse le ultime, del 35% degli ascolti televisivi (un altro 35% ce l’ha la Rai). Se aggiungiamo a questo già smisurato potere anche quello che detiene Publitalia nel settore della pubblicità, nonché quello che le società di B. hanno nel campo dell’editoria con i giornali e le case editrici (quasi tutte le principali sono in mano a lui), siamo ben oltre il mitico Charles Foster Kane di Quarto Potere.

Insomma non mi sembra che si possa parlare di presidenzialismo prima di avere affrontato e risolto questa abnorme condizione. E se è comprensibile che questo discorso venga fuori sull’onda della deludente messa in scena delle ultime settimane (ma lo fu anche nel 2015, e prima ancora nel 2013 e nel 2006), compito di qualunque progressista democratico o moderato liberale sarebbe quello di dichiarare come sia, rebus sic stantibus, semplicemente irricevibile.

B.COME BASTA!

di Marco Travaglio 14€ Acquista
Articolo Precedente

Quirinale, Prodi a La7: “È mancato il dibattito politico, ma tutto è bene quel che finisce bene. Centrodestra? Il gioco ormai si è rotto”

next
Articolo Successivo

Scontro nel M5s, Grillo sta con Conte: “Parli una sola voce. Se non accettate ruoli e regole resta solo la vanità”. E l’ex premier mette like

next