Nei polmoni di alcune persone affette da Long Covid potrebbero celarsi danni e anomalie non visibili tramite gli esami diagnostici standard. Un piccolo studio inglese è infatti riuscito a rilevarle, per la prima volta, tramite un nuovo metodo basato su una risonanza con gas xeno. Ora è in corso uno studio più ampio e dettagliato che avrà lo scopo di confermare questi risultati che potrebbero far luce sul motivo per cui la mancanza di respiro è così comune nel Long Covid.

Nello studio sono stati condotti test su 11 persone che, quando hanno contratto per la prima volta Covid-19, non hanno avuto bisogno di cure ospedaliere, ma che hanno sofferto di affanno per lungo tempo dopo l’infezione iniziale. La mancanza di respiro è uno dei numerosi sintomi del cosiddetto Long Covid, una sindrome post-virale che può debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la negativizzazione, e cioè dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus dall’organismo. Secondo una ricerca della Penn State College of Medicine, pubblicata su Jama Network Open, oltre il 50% di coloro che hanno sviluppato l’infezione Covid-19 svilupperà il Long Covid. Una metanalisi pubblicata da Nature suggerisce addirittura che fino all’80% delle persone che hanno contratto Covid-19 presenta uno o più sintomi a distanza di molti mesi.

Nel nuovo studio, i ricercatori – provenienti da Oxford, Sheffield, Cardiff e Manchester – hanno confrontato le immagini ottenute dalla risonanza a gas xeno e altri test sulla funzionalità polmonare in tre gruppi di persone. Oltre al gruppo di 11 persone che hanno riportato affanno, è stato considerato un gruppo di 12 persone che sono state ricoverate in ospedale per Covid, ma non con Long Covid; e un gruppo di 13 persone sane usate come “controllo”. Utilizzando il nuovo approccio, sviluppato dall’Universtà di Sheffield, tutti i partecipanti hanno inalato gas xeno mentre venivano sottoposti a una risonanza magnetica. Questo gas si comporta in modo molto simile all’ossigeno ma può essere tracciato visivamente durante la risonanza. In questo modo gli scienziati sono stati in grado di “vedere” quanto bene il gas si è spostato dai polmoni al flusso sanguigno, un passaggio cruciale che consente di portare ossigeno a tutto il corpo. Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che per la maggior parte delle persone con Long Covid, il trasferimento del gas era meno efficace rispetto ai pazienti sani. Mentre le persone che sono state ricoverate in ospedale per Covid presentavano anomalie simili.

Per Emily Frase, pneumologa che ha coordinato lo studio, si tratta di una scoperta importante che riesce finalmente a dare a una risposta a tutti coloro che soffrono di affanno e che tramite i raggi X e la Tac non mostrano anomalie. “È una ricerca importante e spero davvero che faccia più luce su questo”, dice. “È importante che le persone – continua – sappiano che le strategie di riabilitazione e il recupero respiratorio possono essere davvero utili. Quando vediamo persone in clinica che sono senza fiato, possiamo fare progressi”. Fergus Gleeson, altro autore dello studio aggiunge: “Ora ci sono domande importanti a cui rispondere, come ad esempio quanti pazienti con Long Covid avranno scansioni anormali, il significato dell’anomalia che abbiamo rilevato, la causa dell’anomalia e le sue conseguenze a lungo termine. Una volta compresi i meccanismi che guidano questi sintomi, saremo in una posizione migliore per sviluppare trattamenti più efficaci”. I risultati di questo piccolo studio sono stati pubblicati in pre-print, quindi non hanno ancora superato il processo formale di revisione tra pari. Ma hanno comunque individuato una possibile spiegazione ai sintomi dell’ancora misterioso Long Covid.

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