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Il caso Netflix, nuovi abbonati sotto le attese e titolo a -22%. Per il Nasdaq -7,6% in una settimana

La società ha annunciato le sue previsioni sui nuovi abbonati nel primo trimestre del 2022 che sono risultate decisamente al di sotto delle attese degli analisti: 2,5 milioni contro 6,2 milioni. Il tracollo di una delle società di riferimento dell'universo web ha trascinato con sé tutti gli indici, dove il livello di nervosismo è già alto. La stretta della Federal Reserve si avvicina, probabilmente già a marzo
Il caso Netflix, nuovi abbonati sotto le attese e titolo a -22%. Per il Nasdaq -7,6% in una settimana
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Netflix, the day after. Per il gruppo le ultime 24 ore sono state da incubo. In una sola seduta di borsa il suo valore si è ridotto del 22% scendendo a 225 miliardi di dollari e bruciando i rialzi di quasi due anni. La società ha annunciato le sue previsioni sui nuovi abbonati nel primo trimestre del 2022 che sono risultate decisamente al di sotto delle attese degli analisti: 2,5 milioni contro 6,2 milioni. In una nota Netflix ha ammesso come “negli ultimi 24 mesi la concorrenza si è intensificata, con altre aziende che hanno messo a punto le loro piattaforme di streaming”. Da qui il via ad un’ondata di consigli di “sell”, ossia vendita del titolo, che ne hanno affossato la quotazione.

In particolare il Nasdaq, dove sono presenti la gran parte dei big della tecnologia, è arretrato del 2,7%. Alphabet (Google) ha ceduto il 2,2%, Amazon quasi il 6%, Facebok (Meta) oltre il 4%. Quella che si è chiusa ieri è stata così la peggior settimana del Nasdaq da oltre un anno con un calo del 7,6%. L’S&P 500, l’indice più importante al mondo che raggruppa la 500 più importanti società Usa quotate, è sceso dell’1,9% in una giornata fortemente negativa anche per i mercati europei.

Il tracollo di una delle società di riferimento dell’universo web ha trascinato con sé tutti gli indici, dove il livello di nervosismo è già alto. La stretta della Federal Reserve si avvicina, probabilmente già a marzo. Significa che ci saranno meno soldi in circolazione, anche quelli che servono per investire in azioni. Difficile che si replichi il copione di fine 2018 quando, di fronte all’intenzione delle banche centrali di procedere ad una stretta monetaria, la reazione dei mercati fu talmente forte da costringerle a tornare sui loro passi.

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