di Gianluca Pinto

Mentre i media “fideistico-miglioristi” sono impegnati a sostenere la tesi che tutto il male del Creato nasca dai No-Covid-Vax, un’altra irrisoria questioncina italiana è all’attenzione, senza una preoccupazione proporzionale al problema: l’indicazione del centro-destra di Silvio Berlusconi al Colle. È evidente una sottovalutazione del fatto, come è una verità empirica che tutti quelli che hanno sempre sottovalutato Berlusconi e lo hanno dato per spacciato nel corso degli anni siano stati smentiti a sufficienza. Immagino che, a questo punto, costoro pensino che la possibilità di esserlo una volta in più non sia rilevante ai fini statistici.

Non si può affrontare questo argomento con ironia, saccenteria e scherno, soprattutto dopo avere dipinto a chiare tinte Berlusconi come illustre statista quando faceva comodo, perché non è una questione di satira (per cui Berlusconi al Quirinale sarebbe una manna dal cielo: sette anni di materiale già pronto), e non è nemmeno una questione politica: è una questione, purtroppo, istituzionale. Proporre seriamente questa candidatura è qualcosa che mina la credibilità della politica rappresentativa e quindi, essendo in democrazia, dell’Italia tutta, e che ci indica il grado di rispetto per le istituzioni di chi fa questa proposta. E qui arriviamo al punto: in questo specifico caso il vero problema non è relativo a questioni di rappresentanza, e quindi di “pesi” nella scelta del presidente della Repubblica, ma riguarda la credibilità delle istituzioni. Qui si tratta di proporre un rischioso cortocircuito istituzionale per calcoli politicisti. Si tratta di un pregiudicato presidente della Repubblica, si parla di denaro dato alla mafia e via allegramente dicendo.

Per la non considerazione di ciò che si potrebbe venire a creare, ad esempio, a livello di ruolo di garanzia nel funzionamento dei poteri legislativo e giudiziario, verrebbe da pensare che esista una forma di “terrapiattismo istituzionale” da cui scaturisce questa proposta. Che il centro-destra non voglia affrontare la questione in questi termini non può stupire più di tanto, visto che da trent’anni attacca continuamente chi vuole porre alcune questioni in ambiti diversi che non quello interno di rappresentanza politica, tant’è che il centro destra compatto ha chiesto a Berlusconi di sciogliere la riserva (ma quale riserva? Ma se ha iniziato lui e ha posto da subito i termini chiari di quello che succederebbe se Mario Draghi si trasferisse al Quirinale) e di essere il candidato al Quirinale.

La cosa tuttavia ancor più grave, se possibile, riguarda l’altro protagonista storico che, nel corso di trent’anni, ha permesso con le sue azioni e non-azioni di arrivare a questo punto: un attore senza il quale questo triste scenario non sarebbe stato possibile. Bisognerebbe che tutti noi ringraziassimo per questa situazione anche il sedicente centro-sinistra per il suo storico approccio utilitaristico riguardo al ruolo e alla figura di Silvio Berlusconi. Perso da tempi immemori in diatribe al proprio interno nate dalla “lievissima” difficoltà di essere sinistra, ma anche di centro, ma anche di destra, ha da sempre “usato” la figura di Berlusconi proprio per la sua “divisività” politica fermo poi, quando serviva, governarci assieme disegnandolo come un uomo politico “responsabile” e “moderato” (posto che non si capisce cosa voglia dire l’essere moderato).

La dimostrazione di ciò è l’argomentazione, in merito alla situazione, di Letta-nipote, che è veramente disarmante. Ciò che è inaccettabile nella proposta di Silvio Berlusconi al Quirinale è, di nuovo, la sua “divisività” (con l’aggravante della postilla di un patto per non andare a elezioni). Il tutto, quindi, nel segno di tanta radicata tradizione, si esaurisce esclusivamente in questioni di pesi ed equilibri in seno alla rappresentanza, ma non è assolutamente qualcosa che coinvolge il ruolo dell’Istituzione della presidenza della Repubblica. Tutto ciò è perlomeno sconfortante.

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