Che tutta l’attenzione dei politici e dei media sia ogni giorno di più protesa alla ormai imminente riunione collegiale del Parlamento allargato per l’elezione del nuovo Capo dello Stato è cosa nota a tutti, non solo ai politici, come sarebbe normale, visto che nella nostra democrazia parlamentare tocca a loro eleggerlo, non a noi comuni elettori di deputati e senatori. Però, proprio a causa della febbrile attenzione che ci mettono i “media”, la febbre tocca un po’ tutti e molti si avventurano anche a pronosticare quale sarà il “cavallo” vincente o… molto più spesso, quello che vorrebbero diventasse vincitore.

Naturalmente sui canali e sui giornali di proprietà Berlusconi nessuno partecipa alla lotteria essendo a loro ammesso parlarne solo per dire che il loro editore può vincere e che sarebbe un ottimo presidente (altrimenti è meglio che taccia o parli d’altro).

Nelle tv di Stato, il campo è sicuramente più aperto, nel senso che i giornalisti, ora, si possono azzardare anche a discutere, o valutare, candidati diversi. Ho detto “ora” perché fino a uno o due mesi fa il candidato sicuro per tutti era Mario Draghi; poi qualcuno (io compreso) ha cominciato a muovere qualche dubbio. Io ad esempio avevo indicato la Bindi per il Colle lasciando Draghi a continuare il suo lavoro di “nocchiero” della nave Italia per attraversare l’oceano di problemi che sicuramente ci aspettano ancora quest’anno e probabilmente anche il prossimo.

Occorre però a questo punto chiarire meglio perché il ferreo nocchiero capace di attraversare senza paura anche i marosi più ardui non dovrebbe andar bene anche nella cabina di regia del Colle come stratega delle scelte di massimo livello.

La risposta è abbastanza semplice: perché i generali, anche al massimo livello, non sono adatti, o comunque non possono, prendere decisioni finali, a meno che siano dei dittatori. In campo militare l’ultima parola, quella decisiva, spetta sempre ai politici. I politici hanno imparato, in tutta la loro carriera, a mediare tra opinioni e interessi diversi, i generali molto meno.

Mario Draghi, in campo macro-economico e finanziario, è un generalissimo di altissimo valore ma già ora, dalla poltrona di primo ministro, si è accorto che prendere certe decisioni sul piano sociale è molto più complicato che prendere quelle, seppure a volte più importanti sul piano economico, che riguardano le valute, i tassi e gli equilibri finanziari, come faceva quando era a Bruxelles (anche là, comunque, per le decisioni importanti, aveva bisogno dell’ok finale dei politici).

Intanto si è già beccato uno sciopero generale che, benché non unitario e non contro le masse operaie di una volta, è pur sempre uno sciopero contro alcune sue non scelte che, quando sedeva sulla poltronissima della Bce, non incontrava.

Comunque, negli ultimi tempi ha incontrato anche problemi serissimi non in campo finanziario, ma tipici proprio delle bizze che fa la politica: cioè il rischio di finire in minoranza sull’approvazione di certe leggi nel Parlamento.

Pur avendo sulla carta una maggioranza teoricamente imperiale è già dovuto ricorrere al vecchio trucco del “voto di fiducia” diverse volte. E in quei casi si e’ salvato proprio grazie a quella moltitudine di “peones” nel Parlamento che darebbero un braccio piuttosto che rischiare le elezioni anticipate (la normale scadenza della legislatura del Parlamento sarà nel 2023).

Tuttavia questo angusto problema si ripresenterà più pesante che mai tra due settimane quando il Parlamento riunito in seduta comune dovrà eleggere il nuovo Capo dello Stato e le sue quotazioni per quella poltrona, proprio per quanto detto sopra, sono già scese fin quasi a zero, quindi…?

Quindi l’unica soluzione che può accontentare quasi tutti è quella di un accordo preliminare tra le parti per una rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale (con l’accordo tacito che potrà finalmente ritirarsi quando vorrà non appena superato lo scoglio delle elezioni politiche tra un anno (cioè a normale fine legislatura) e con Draghi saldamente a Palazzo Chigi dove, col suo aiuto, potrà regalarci (finalmente!) una decente legge elettorale, ma anche una maggiore attenzione ai giovani disoccupati e ai piccoli imprenditori investiti in pieno dalla burrasca del Covid e delle multinazionali senz’anima.

Mattarella ha un animo forte e generoso, la situazione generale attuale, dell’Italia e dell’Europa, è molto più complicata oggi di quella che portò il presidente Napolitano a prolungare la sua presenza al Quirinale. Se vedrà anche lui che questa è la scelta migliore per tutti, sono certo che non si tirerà indietro.

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